La presidente dell’Azione Cattolica Ambrosiana interpreta così i contenuti della Lettera pastorale dell’Arcivescovo e la sua volontà di proporre ai giovani rinnovate proposte di discernimento
di Silvia
LANDRA
Presidente dell'Azione Cattolica Ambrosiana
Forse sono ancora molti quelli che ricordano incontri ben curati e simpatici, rivolti dalla comunità cristiana a noi adolescenti degli anni Ottanta e Novanta, ai quali si proponevano le “testimonianze” di consacrazione – il seminarista diocesano, il missionario, la suora – e poi si aggiungeva la coppia di sposi, in qualche caso anche chi aveva scelto un istituto secolare, per ribadire con grande forza che comunque la vocazione è di tutti i Battezzati e si realizza nella molteplicità delle vite quotidiane. Procedeva, e procede tuttora, quel percorso così denso, ma leggero di trasformazione del volto ecclesiale che trova nei documenti del Concilio Vaticano II il tentativo ben riuscito di fissarne i cardini fondamentali: la Chiesa è il Popolo Santo di Dio e in esso ognuno risponde alla chiamata del Vangelo con l’originalità della sua vita.
Il sedicenne di oggi potrebbe trovare oltremodo vintage e anche un po’ curioso quel nostro stile e linguaggio, ma anche per lui il cuore di quel discorso è fresco e attuale e vede nella contemporaneità ancora più spunti, più colori, più esperienze, più spazio all’immaginazione creativa. Oggi proliferano forme di condivisione tra famiglie, di abitare solidale, di aggregazione dentro gruppi organizzati o più spontanei di persone che – in nome di una risposta alla Parola letta, meditata e resa viva nell’interiorità – esprimono azioni di aiuto ai più bisognosi, di lotta allo stigma, di inclusione delle culture e delle diversità. Se mettiamo da parte lo sguardo cupo e poco evangelico, probabilmente vediamo meglio che la Chiesa corre su strade inedite e belle ancora più intrecciate con i cammini di tanti uomini differenti, portatori di diverse fedi e sintesi culturali. Oso pensare che quel terreno di base nel quale si conoscevano e si verificavano le strade possibili della vocazione fondamentale della propria vita non sia più tutto concentrato nelle proposte classiche della comunità cristiana, ma vada riscoperta dagli educatori delle parrocchie e degli oratori nelle forme nuove che parlano ai giovani e ai meno giovani di oggi. È probabile che, riducendo la scollatura tra questi luoghi attrattivi dell’impegno sociale (azioni di aiuto ai più deboli, interculturalità, nuove tecnologie) e le forme della meditazione e dell’annuncio della Parola “per tutti”, si riscoprano contesti ricchi nei quali tornare a far fiorire anche le vocazioni di speciale consacrazione, anche quelle scelte emblematiche che testimoniano a tutti con quanta radicalità si può credere e sperare.
Interpreto così l’insistenza del nostro Arcivescovo, ben chiara nella sua ultima lettera pastorale, su Parola di Dio vissuta e riscoperta del sapore vocazionale dell’essere cristiani nella Chiesa. Leggo in questa chiave anche la sua determinazione, soprattutto dopo il Sinodo sui giovani e il discernimento, a offrire proposte concrete, dense e nuove, di discernimento per i più giovani che comprendano anche la coabitazione, la vita comunitaria, l’impegno caritativo, le scelte di sobrietà, la partecipazione attiva e impegnata alla vita della Chiesa e della società civile. Se l’oggi ci consegna la fatica dell’individualismo, ci offre anche la bellezza di una riscoperta del singolo con tutto il suo potenziale di risposta originale e ricca alla chiamata di Gesù Signore. Se l’oggi è duro per la miriade di scelte disorientanti tra le quali nulla sembra più spiccare per importanza, è anche vero che il contesto odierno è il più ricco di creatività che ci sia mai stato.
C’è un tempo da guardare con occhi buoni e grati per scoprirvi bellezza e radicalità di scelte vocazionali che trasformano meravigliosamente la storia e dall’Arcivescovo Mario, allergico a sofismi e lamentazioni, ci arriva un incitamento da cogliere come grazia per il nostro cammino.