Nella basilica di San Simpliciano si è svolto, presieduto dall’Arcivescovo, il Rito di consacrazione di due nuove sorelle dell’Ordo Virginum. «Indicate la gioia, accompagnate gli inquieti a Gesù, vivendo con semplicità in questa Chiesa Diocesana»
di Annamaria
Braccini
Lavorano in uffici come tanti altri, prendono i nostri stessi treni, fanno la spesa nei medesimi supermercati, vivono con semplicità la loro Consacrazione, giorno dopo giorno, negli ambienti di tutti i giorni. Eppure qualcuno le guarda con la curiosità di chi pensa che siano in qualche modo differenti, particolari rispetto agli altri, anche se non portano un vestiario che le faccia riconoscere o altri segni distintivi. Sono le appartenenti all’Ordo Virginum, a cui, in Diocesi di Milano, si aggiungono due sorelle consacrate dall’Arcivescovo nella Celebrazione che si svolge, significativamente, nella basilica di San Simpliciano, una tra le 4 basiliche santambrosiane dette matrici, chiamata fin dai primi secoli cristiani – “Basilica Virginum”.
Cristina Leggeri, parrocchiana di “San Giuseppe dei Morenti” a Milano, segretaria presso un Istituto professionale, dedita alla cura continua di un parente e Rosaria Ruffini, dottore commercialista, impegnata anche nel Centro di ascolto Caritas della parrocchia cittadina del Sacro Volto (Comunità pastorale Maria Madre della Misericordia), entrano, così, a far parte dell’“Ordo”, in un anno difficile – in Basilica tutti, compreso loro, indossano le necessarie mascherine e parenti e amici sono in numero contingentato -, ma anche molto importante. Infatti, nel 2020, ricorre il 50° anniversario della promulgazione, avvenuta su mandato di Paolo VI, del nuovo rito della Consecratio Virginum. Come ricorda don Davide Milanesi, delegato arcivescovile per la Formazione dell’“Ordo”, cui sono accanto il collaboratore don Giambattista Biffi e il già delegato, monsignor Ambrogio Piantanida, concelebranti il Rito così come il vescovo ausiliare e vicario episcopale per la Vita consacrata maschile, gli Istituti secolari e le Forme di nuova consacrazione, monsignor Paolo Martinelli, e una decina di altri presbiteri.
«Con umiltà, Cristina e Rosaria, come dice il Libro del Siracide, accolgono la loro Consacrazione. L’Ordo Virginum di Milano – sono presenti alla Celebrazione una cinquantina di consorelle -, in comunione con tutta la Chiesa è oggi in festa: la nostra gioia diventi ringraziamento nell’Eucaristia», dice, nel suo saluto iniziale, don Milanesi, ringraziando l’Arcivescovo «in modo specifico, per essersi messo in ascolto di ogni consacrata». Dopo la chiamata per nome delle candidate, che accendono una lampada simbolo della loro attesa vigilante, l’omelia del vescovo Mario si fa richiamo e consegna.
L’omelia dell’Arcivescovo
«Il nostro tempo è percorso da un’inquietudine che non sembra trovare pace, un disagio che è diffuso ma indecifrabile, uno scontento che è evidente e incomprensibile. L’esito di questo stato d’animo è il lamento: quel modo di parlare impenetrabile che diffonde grigiore e scontento. L’esito di questo stato d’animo è una suscettibilità che diventa spesso reazione aggressiva, spesso discussione infinita e sempre seminagione di parole amare». Per questo la gioia, oggi «in questo paese di scontenti, inquieti e di disperati», appare come non mai «un’esperienza improbabile ed enigmatica».
Ma ancor di più, proprio per la stessa ragione, «la gioia della vergine consacrata nell’Ordo Virginum si consegna alla vita quotidiana della gente, delle famiglie, delle comunità cristiane e consente all’inquietudine di diventare la domanda» su come sia possibile la gioia, sia che lo si chieda per superficiale curiosità o si ricerchi «la pastiglia, la ricetta pronta per l’uso di quella stessa gioia»; o che, ancora, si sia mossi «da un sincero, profondo desiderio di trovare la pace che vince le inquietudini, di guarire le ferite dell’anima e gli smarrimenti del pensiero».
A tutti la vergine consacrata indica una direzione «conducendo le sorelle e i fratelli inquieti fino all’incontro con Gesù». E questo con discrezione, appunto senza facili elementi di riconoscibilità, ma secondo alcune peculiarità che l’Arcivescovo sottolinea.
«Le vergini consacrate si riconosceranno per la gioia che vivono: sono amate, sono chiamate ad amare, sono rese capaci di amare per il dono dello Spirito Santo. Perciò nulla manca alla loro gioia. Lo scandalo sarebbe una consacrata triste. La vergini consacrate operano in modo da condurre a Gesù tutti gli assetati della gioia vera, ossia non attirano le persone e la loro attenzione su di sé, non amano parlare di sé, non si propongono come modelli alle altre persone. Conducono a Gesù: lo scandalo sarebbe una consacrata confusa, che non sa indicare la direzione da seguire».
Poi, una terza e una quarta caratteristica: «Le vergini consacrate vivono nella speranza della Risurrezione. Il rapporto con Gesù non è soltanto un sentimento, una sorta di fantasia a proposito di un ideale, di uno sposo immaginario, di un complesso di buoni sentimenti, buone idee e buoni propositi. Il rapporto con Gesù è in una relazione con il Risorto, che è vivo, che incontriamo ogni giorno nella celebrazione dei santi misteri, nella preghiera personale, nel vivere secondo lo Spirito. Lo scandalo sarebbe che le consacrate, e in genere i cristiani, “abbiano speranza in Cristo solo per questa vita”», usando le parole di Paolo.
Infine, le vergini consacrate si trovano a proprio agio nella Chiesa Diocesana. La consacrazione, come vincolo d’amore personale con Gesù risorto, è condivisa con la Chiesa nella sua dimensione locale, storica. E le vergini consacrate si trovano a proprio agio, perché non hanno scelto un carisma particolare, non hanno scelto di non scegliere, non vivono come persone isolate. Perciò il legame con la Chiesa Diocesana, la relazione con il Vescovo è vissuta come il contesto propizio per il compimento della loro vocazione alla santità. Si trovano a proprio agio, rendono grazie, aiutano la Chiesa, questa Chiesa, ad essere la Sposa santa, senza macchia e senza rughe che si prepara alle nozze per l’Agnello. Noi confidiamo che tutte le consacrate siano presenti come queste piccole lampade che ardono e che dicono, nella semplicità, “siamo vive e ci consumiamo facendo luce”».
E, finalmente, arriva il “Sì, lo voglio” tanto atteso, le Litanie dei Santi, il rinnovo del proposito di castità, la preghiera di consacrazione e i Riti esplicativi attraverso i segni della consegna dell’anello, – che esprime l’unione sponsale e la fedeltà a Cristo – e del Libro della liturgia delle Ore, la preghiera della Chiesa, ricevuto dalle ormai consacrate come dono e impegno.