Redazione

Ivan Ruggeri ha deciso di chiudere la curva agli ultras
e di aprirla invece ai ragazzini. Del Neri e i giocatori
l’hanno sostenuto con un comunicato firmato da tutti.
Un segnale forte, che tronca il rapporto con queste frange.
L’importante è che l’esempio venga raccolto anche altrove

di Roberto Belingheri
L’Eco di Bergamo

I sassi di solito li lanciano i tifosi. I cosiddetti ultras. A Bergamo, per una volta, il sasso l’hanno lanciato i calciatori. La caduta nell’enorme stagno del calcio sta lasciando il segno, ma la speranza è che qualcuno lo raccolga, che non vada a fondo.

Sì: i calciatori, troppo spesso vicini alle frange più “calde” della tifoseria, talvolta anche oggetto di sottili ricatti, stavolta hanno gettato la maschera e ci hanno messo la faccia. E la firma. Il comunicato che giocatori e allenatore dell’Atalanta hanno diffuso nei giorni scorsi rappresenta una svolta praticamente epocale. Per la prima volta c’è una netta presa di distanza, non a parole, ma coi fatti. Nero su bianco.

L’aver scritto «non li vogliamo più, né alle partite, né agli allenamenti» rappresenta, agli occhi degli ultras, un colpo che fa molto più male di una condanna per direttissima. Per quella c’è rimedio: la libertà condizionata. L’addio dei calciatori, lo sgretolarsi della certezza dell’ultras che il calciatore gli sarà sempre fedele, è ben peggio. È il crollo delle fondamenta della “curva degli anni 2000”, quella nata per una passione e divenuta ideologia, ancor più importante dei risultati della propria squadra.

Quel che è sussesso nei giorni scorsi dimostra questo: l’ultras in delirio – anche e soprattutto a Bergamo, capofila di molte tifoserie organizzate – ritiene più importante la difesa delle proprie posizioni, anche se questa va a discapito della propria squadra. Faccio sospendere la partita, e pazienza se l’Atalanta perderà 3-0 per mano del giudice. «L’Atalanta siamo noi», sono soliti cantare gli ultras. Un ritornello che spiega molte cose.

Ma a questo, l’Atalanta ha detto basta. Prima col suo presidente Ivan Ruggeri che, indipendentemente da quanto stabiliranno Coni e Federazione, ha deciso di chiudere la curva agli ultras e di aprirla invece ai ragazzini. Poi anche con i calciatori. Che da soli non potranno vincere la battaglia, se il sasso non sarà raccolto dai loro colleghi. Bergamo ha dato un segnale: non li vogliamo più vedere. Ora tocca agli altri salvare il calcio dall’ideologia ultras.

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