Il mese missionario straordinario in corso è cornice e contesto ideale per ricordare il senso e lo scopo di questi organismi: aiutare il popolo di Dio a vivere la sua responsabilità di costruire una Chiesa «casa e scuola di comunione»

di monsignor Luca BRESSAN
Vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale

Consiglio Pastorale

«Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo» (Novo Millennio Ineunte, 43). Le parole di papa Giovanni Paolo II, oggi santo, ci aiutano a interpretare il clima di silenzio e anche di fatica che accompagna l’importante appuntamento a cui ci stiamo preparando in queste settimane: il rinnovo dei Consigli pastorali parrocchiali.

Tutti sappiamo delle fatiche a trovare candidati disposti ad assumere l’onere del consigliare nella Chiesa. Tutti sappiamo delle rinunce e della tentazione che serpeggia in più di una comunità ecclesiale di rinunciare a una simile incombenza, pieni come siano di adempimenti da eseguire…

Eppure il mese missionario straordinario che stiamo vivendo diventa la cornice ideale per reperire risorse e trovare energie anche in un momento affaticato come il nostro. È proprio il contesto missionario della Chiesa in uscita a ricordarci il senso e lo scopo di un Consiglio pastorale parrocchiale, come ci racconta il decreto Ad Gentes del Concilio Vaticano II: «L’opera dell’impianto della Chiesa raggiunge il traguardo quando la comunità dei fedeli, radicata ormai nella vita sociale e in qualche modo conformata alla cultura locale, gode di una certa stabilità e solidità: fornita cioè di una sua schiera, anche se insufficiente, di sacerdoti, di religiosi e di laici del luogo, essa si arricchisce di quei ministeri e istituzioni che sono necessari perché il popolo di Dio, sotto la guida del proprio vescovo, conduca e sviluppi la sua vita» (AG 19).

Il testo mette in luce con molta chiarezza quali figure abbia bisogno una Chiesa locale, per vivere in modo adulto la sua missione, per raggiungere un livello maturo nel suo processo di istituzione. E subito viene fatta risaltare una profonda novità: la questione della responsabilità. Il soggetto principale della vita della Chiesa locale è il popolo di Dio nel suo insieme, a cui appartengono i compiti della Chiesa. Non è un caso che al Vaticano II (si pensi a LG) un tema come quello del popolo di Dio venga anticipato rispetto alla questione dell’episcopato, alla questione del presbiterato, insomma alla questione dei ministeri: tutti questi argomenti vengono letti in riferimento a quel popolo di Dio da cui sono generati e verso il quale sono chiamati a lavorare, dal quale ricevono la loro funzione ministeriale. Un principio che potrebbe sembrare ovvio appare in realtà una vera e propria rivoluzione copernicana: l’identità ministeriale e quindi tutti i posti di responsabilità dentro la Chiesa sono secondari rispetto all’insieme, al popolo di Dio che risulta essere lui soggetto dei tria munera. Il potere/compito di annuncio, santificazione, governo appartengono al popolo di Dio, al cui interno esistono ministeri incaricati ad hoc per un migliore espletamento di questi compiti.

Il Consiglio pastorale parrocchiale ha questo grande compito: aiutare il popolo di Dio a vivere questa sua responsabilità. Realizzare una Chiesa «casa e scuola di comunione» significa dunque lavorare per far maturare dentro le Chiese locali questa consapevolezza di essere tutti, anche se con gradi e titoli diversi, soggetto nella Chiesa; significa aiutare le nostre comunità a fare esperienza attiva di questo essere “popolo di Dio”. Popolo dentro il quale emergono i diversi ministeri. Questa circolarità tra popolo di Dio e ministeri ipotizzata dal testo permette una comprensione del significato profondo del consigliare nella Chiesa e del ruolo degli organismi di partecipazione.

Uno, alcuni, tutti. Il ministero dell’uno viene inteso come la capacità di rappresentare il legame con la Tradizione, che può essere espletato a vari livelli: di Chiesa tutta intera, si intuisce come è rappresentato dalla figura del Papa; di Chiesa locale fa riferimento al ministero episcopale; a livello parrocchiale si riferisce alla figura del parroco. Di fronte a questo ministero dell’uno sta il compito del ministero del tutti, ovvero il ministero di una assemblea che è soggetto e non solo oggetto.

Il concetto davvero più innovatore risulta tuttavia questo ruolo degli alcuni, questa idea di figure ministeriali e di rappresentanza di cui la Chiesa locale si deve arricchire. In questo modo, ci fa capire Ad Gentes, avviene il radicamento della Chiesa nel territorio che abita: quando riesce a far maturare figure di cristiani locali capaci di partecipare, di assumere in modo attivo una partecipazione al governo e al funzionamento delle istituzioni ecclesiali locali. Una Chiesa sinodale è dunque una Chiesa pienamente radicata nel suo contesto; una Chiesa non ancora sinodale è invece e al contrario una Chiesa ancora in parte estranea a quella società che invece intende abitare.

È questa la sfida che è in gioco nelle elezioni e nella costituzione dei Consigli pastorali parrocchiali. Anche laddove l’esiguità delle risorse rende impercorribili le strade abituali e tradizionali e domanda ai cristiani – presbiteri, ma non solo – di osare strade inedite.

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