Il Messaggio dei Vescovi italiani per la Giornata del Creato (1 settembre) sul tema «“Prese il pane, rese grazie” (Lc 22,19). Il tutto nel frammento»
di Maria Michela
NICOLAIS
Agensir
«Chi non è grato non è misericordioso. Chi non è grato non sa prendersi cura e diventa predone e ladro, favorendo le logiche perverse dell’odio e della guerra. Chi non è grato diventa vorace, si abbandona allo spreco, spadroneggia su quanto, in fondo, non è suo ma gli è stato semplicemente offerto. Chi non è grato, può trasformare una terra ricca di risorse, granaio per i popoli, in un teatro di guerra, come tristemente continuiamo a constatare in questi mesi». È quanto si legge nel Messaggio della Cei per la Giornata del Creato, che si celebra il 1° settembre sul tema «“Prese il pane, rese grazie” (Lc 22,19). Il tutto nel frammento» (qui il testo integrale).
«Una guerra che distrugge la terra e limita la distribuzione del cibo – il riferimento all’oggi -. Siamo tutti a rischio di divenire ingrati e rapinatori; ingrati e ingiusti. E questo verso la creazione, la società umana e Dio». «Gesù, dopo aver preso il pane nelle sue mani, pronuncia le parole di benedizione e rende grazie – ricordano i Vescovi nel Messaggio -. È la gratitudine il suo atteggiamento più distintivo, nel solco della tradizione pasquale. Essere grati è, dunque, l’attitudine fondamentale di ogni cristiano, è la matrice che ne plasma la vita; più radicalmente, è la cifra sintetica di ogni essere umano: siamo tutti “un grazie che cammina”. Nel cammino sinodale facciamo esperienza che l’altro e la sua vita condivisa sono un dono per ciascuno di noi».
«Ogni giorno viviamo a motivo di ciò che riceviamo – il monito della Cei -: chi non si sente grato diventa ingiusto, gretto, autocentrato e prevaricatore. È quanto ci insegna la parabola del servo ingrato. Siamo tutti a rischio di diventare come colui a cui è stato condonato un debito abnorme – diecimila talenti -, ma, a sua volta, è incapace di fare grazia a chi gli doveva una quantità irrisoria di denaro. E questo perché non si è fatto realmente “sconvolgere” dalla generosità del padrone, né si è lasciato invadere dalla gratitudine: ha vissuto come se non avesse ricevuto nulla; ha continuato a pretendere, tenendo stretto per sé ciò che ha ricevuto, non come dono, ma come diritto. Più che ingiusto è stato ingrato».
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