Redazione
Ci svegliamo prestissimo (6.10) per trasferirci in chiesa: alle 7.30 inizia la messa di commiato dalla parrocchia ospitante. Un’ora e mezza di celebrazione tutta in tedesco, cui assistiamo veramente assonnati. Quindi, veloci a caricare i bagagli sul pullman. Noi andremo in treno alla stazione di Horrem, la più vicina a Marienfeld, la grande spianata dove il Papa celebrerà veglia e messa. Incontreremo il pullman domenica al capolinea (stazione di Duren, alcune fermate dopo Horrem): facciamo così per evitare la grande massa di gente che presumibilmente domenica ritornerà verso Colonia (in direzione opposta alla nostra).
Salgo sul treno (ovviamente affollatissimo) portando tenda e sacco a pelo sulle spalle, zainetto davanti. Il viaggio è scomodo, ma festoso e dopo un paio di chilometri a piedi raggiungiamo il campo, un ampio spazio fangoso. Ci sistemiamo e io cerco di occupare uno spazio abbastanza grande da poter aprire, in serata la tenda, anche se gli altoparlanti continuano a ripetere che è vietato. Colgo l’occasione per confessarmi, e al sacerdote dico: «Ti confesso anche un peccato futuro: stanotte aprirò la tenda comunque». «Sì, credo che lo farò anch’io».
In serata, finalmente, arriva il Papa. Non gira tra la folla con la macchina, dicono che non si può, ma tutti lo acclamano ugualmente e applaudono il suo discorso. Sui maxischermi appare ogni tanto l’immagine aerea del campo immenso illuminato dalle fiaccole, uno spettacolo da togliere il fiato.
Mi viene in mente John Lennon, che disse: «La Chiesa è praticamente finita, i Beatles già ora sono più famosi nel mondo». Evidentemente è stata una previsione errata, la Chiesa è viva e lo dimostra proprio quel milione di giovani che, nonostante il freddo, il fango e i topi, continua a pregare ed acclamare «Benedetto, Benedetto!». Poco dopo la veglia ci corichiamo, fa troppo freddo per stare in giro: la tenda mi isola dall’umidità e dagli insetti.