La crisi economica e sociale esaspera forme di individualismo e di aggressività tra gli uomini. Il perdono è un gesto che richiede coraggio. Significa ricucire lo spirito ferito, donare la possibilità di una unione più forte, più viva
di Enzo
Fortunato
Agensir
La crisi economica e sociale che stiamo vivendo, e che purtroppo non si annuncia a breve termine, esaspera sempre più forme di individualismo e di aggressività tra gli uomini. Le preoccupazioni e le paure alimentano le tensioni sociali sui luoghi di lavoro, nelle famiglie, persino nei luoghi di divertimento. “Passioni tristi” dominano le cronache quotidiane di quest’estate.
Crescono così gli odi, detti e non detti, i rancori, e sempre più si traducono in vendette. Ora, chi odia, chi si isola nel risentimento è qualcuno che non si sente amato, compreso, ascoltato. E questa spirale di negatività, se non interrotta, cresce su se stessa e contamina più di un virus, disarticolando il tessuto sociale.
L’invocazione di Francesco
San Francesco dovette sentire una lacerazione simile quando – nell’epoca delle Crociate, in cui la Chiesa prometteva a chi ne prendeva parte l’indulgenza plenaria – chiese perdono per tutti nella chiesetta della Porziuncola: «Ti prego che tutti coloro che, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, ottengano ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe».
A queste parole, raccontano le fonti, il Signore gli si rivelò circondandolo con un fascio di luce. Era il segno che Francesco trasmise al Pap,a da cui ottenne l’autorizzazione alla grazia per chiunque visitasse la Porziuncola. Nacque così la giornata del Perdono di Assisi, che nel tempo si sarebbe estesa a tutte le parrocchie cristiane.
Non è un segno di debolezza e di viltà, il perdono. È un gesto che richiede coraggio, forza, visione. Né significa semplicemente dimenticare l’ingiustizia, cancellare ciò che è stato. Significa però ricucire lo spirito ferito, donare la possibilità di una unione più forte, più viva.
Le parole del Papa in Canada
Papa Francesco, nel suo recente viaggio in Canada, ha chiesto perdono per il «Corpo di Cristo ferito nella carne dei nostri fratelli indigeni». Non è la prima volta che il Papa chiede perdono delle colpe passate della Chiesa, assumendo su di sé la responsabilità del male. «Esprimo vergogna e dolore e, insieme ai vescovi di questo Paese, rinnovo la mia richiesta di perdono per il male commesso da tanti cristiani contro le popolazioni indigene».
Contro una ricostruzione ideologica della storia, che è il rischio della cancel culture, il perdono cercato da papa Francesco è la richiesta di ricostruzione di un passato condiviso che non dimentichi, ma che insieme sappia guardare avanti, a un mondo in cui ci si possa riscoprire fratelli.