Questo il concetto messo in evidenza dai Padri sinodali nella sintesi dei lavori di queste tre settimane, che il cardinale Scola richiama nella sua riflessione settimanale. Dall’Arcivescovo l’invito ad affiancare alla recita del Rosario e alla pratica delle opere di misericordia l'impegno a vivere bene il prossimo Avvento
del cardinale Angelo SCOLA
Arcivescovo di Milano
Carissime e carissimi,
dopo una settimana in cui hanno riflettuto e discusso a lungo, nell’ascolto reciproco e nel confronto, per proporre modifiche migliorative all’Istrumentum laboris iniziale, i relatori dei 13 gruppi hanno presentato in aula a tutti i Padri Sinodali una sintesi del loro lavoro. E tutti hanno messo in evidenza un tema che io giudico il grande risultato di questo Sinodo, in attesa che il Santo Padre si pronunci nei modi e nei tempi che riterrà opportuni.
Sinteticamente lo si può dire così: «la famiglia è un soggetto di annuncio quotidiano di Cristo». È questo un altro modo di proporre la formula tradizionale «famiglia Chiesa domestica».
Cosa significa, in concreto, parlare della famiglia come soggetto, come Chiesa domestica? Significa invitare a esprimere nella vita quotidiana della famiglia quel modo di vedere le cose, di concepire le relazioni, di affrontare tutte le circostanze che faccia trasparire la positività del pensiero e dei sentimenti di Cristo.
In questa prospettiva anche le definizioni di famiglia come Chiesa domestica o come cellula fondamentale della società sono destinate a riprendere consistenza, così che l’influsso sulla vita della Chiesa si faccia più marcato e visibile e ne scaturisca, nella società civile nel rispetto della libertà di tutti, uno stile di vita realmente improntato al bene comune.
In concreto occorre che in ogni famiglia ci si aiuti tutti – il papà, la mamma, i figli, i fratelli, le sorelle, i nonni, i parenti, gli amici, i vicini… – a valutare tutto ciò che succede, facendo anche dei gesti semplici di preghiera insieme al mattino, all’ora dei pasti, alla sera… per affrontare le gioie e i dolori che in ogni famiglia si vivono, per dare risposta convincente ai problemi e alle fatiche che si incontrano tra gli sposi o con i figli.
Questa sarà anche la strada per valorizzare finalmente i laici nella vita della Chiesa. Saranno infatti loro per primi (e in questo insostituibili) a documentare tutta la forza che la famiglia fondata sul matrimonio – come rapporto fedele e aperto alla vita tra un uomo e una donna – possiede, fino a influire sui principali settori della vita associata. Penso, per esempio, alle questioni decisive dell’educazione, della condivisione di chi è nel bisogno, alla capacità di affrontare il dolore, la malattia e la morte, all’attenzione da portare agli anziani, a come rendere la convivenza civile più carica di giustizia e di equità. La famiglia deve quindi emergere come soggetto responsabile a partire dalla vita stessa che in essa si svolge.
E questo può accadere dove la Pastorale Familiare incontra le famiglie, per esempio riunendone tre o quattro in una casa, suscitando un atteggiamento creativo e positivo che aiuterà a superare la persistente frattura tra la fede e la vita. La famiglia diventa così grembo privilegiato del grande dono della Misericordia del Padre, il Figlio di Dio incarnato.
Il Sinodo, ormai concluso, rappresenterà un contributo notevole per la vita della Chiesa “cattolica”, pluriforme nell’unità, e per delle diverse culture e società.
Vi invito ad aggiungere alla recita del Rosario e alla pratica delle opere di misericordia, l’impegno a vivere bene l’ormai prossimo Avvento. Per chi può e lo desidera richiamo che nelle sei domeniche precedenti il Natale l’arcivescovo celebrerà in Duomo alle 17.30.