Dal 1° settembre andrà in soffitta il calendario giuliano per le festività fisse, mantenendo l'attuale calcolo della Pasqua. Secondo monsignor Teodor Martynyuk (ausiliare di Ternopil-Zboriv), una cesura con il passato sovietico del Paese

Ucraina Teodor Martynyuk
Mons. Teodor Martynyuk, vescovo ausiliare di Ternopil (Foto Ugcc)

Quest’anno a cambiare data non sono gli orologi, ma i calendari. Dal 1° settembre 2023 la Chiesa greco-cattolica ucraina abbandonerà il calendario giuliano per passare a quello gregoriano. Un segnale che monsignor Teodor Martynyuk, vescovo ausiliare di Ternopil-Zboriv, ha definito di indipendenza dal mondo sovietico e da un passato «terribile e oscuro».

Un gesto di opposizione e distanziamento soprattutto dalle posizioni dalla Chiesa ortodossa russa del Patriarcato di Mosca, che appoggia apertamente l’invasione russa in Ucraina, in corso dal 24 febbraio 2022. Ma soprattutto il segno che il popolo ucraino desidera vivere le feste cristiane in comunione con papa Francesco.

Eccellenza, come si è arrivati a questa decisione?
Da tempo discutevamo questo problema del calendario. Fino a oggi abbiamo seguito il calendario giuliano. Le esigenze pastorali, ma soprattutto le richieste da parte del popolo, ci hanno spinto a riflettere su questo cambiamento e a decidere di aderire al calendario nuovo, salvaguardando ancora le date che riguardano la Pasqua e le feste legate alla Resurrezione. Ci sono quindi soprattutto ragioni di tipo pastorali. C’è anche un’altra ragione: abbiamo sempre voluto fare questo passo insieme ai nostri fratelli ortodossi. In questo periodo di guerra e di profonde sofferenze, tutto il nostro popolo si è unito nella comunione perché abbiamo capito che solo insieme possiamo sopravvivere a questa invasione russa. Abbiamo visto che anche i nostri fratelli ortodossi della Chiesa autocefala ucraina stanno proseguendo su questa strada e si preparano al cambiamento. Per adesso il Sinodo ortodosso ha deciso di dare questo permesso alle parrocchie che si sentono pronte al cambiamento. Quindi è un passo che gradualmente facciamo insieme.

Quanto ha influito l’invasione russa del 24 febbraio?
Purtroppo siamo rimasti molto toccati e rattristati dalla posizione assunta dalla Chiesa ortodossa russa del Patriarcato di Mosca, che apertamente ha appoggiato l’invasione dell’esercito russo sul territorio ucraino. Tutto il popolo ucraino – greco-cattolici e ortodossi – ha vissuto questa posizione come una proposta non cristiana, non evangelica, non conforme all’insegnamento di Cristo. La Chiesa ortodossa russa segue il calendario giuliano. Per questo tanti ucraini hanno cominciato a dire: «Basta, non vogliamo più vivere con loro le celebrazioni delle feste. Vogliamo distaccarci, seguire la nostra strada». Quindi, è vero che l’invasione russa ha influito sulla decisione. È un tema su cui stavamo discutendo da tempo, ma dopo il 24 febbraio questo processo è stato accelerato. Non è stata una decisione proposta dall’alto, ma partita dal popolo stesso.

Quale segnale lancia questo cambiamento?
La prima cosa è che consideriamo i cattolici in Europa come nostri fratelli e sorelle e perciò vogliamo festeggiare e celebrare queste feste insieme al Santo Padre, con i vescovi e il popolo in Europa. È anche un segnale di indipendenza dal mondo sovietico e da questo passato terribile e oscuro che abbiamo vissuto durante il periodo sovietico. Non potevamo farlo prima. Lo abbiamo fatto adesso.

Insomma, una sorta di Euromaidan liturgico?
Esatto.

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