L’Arcivescovo ha presieduto la Celebrazione eucaristica nella Prima domenica dell’Avvento ambrosiano. Alle Corali della Diocesi, invitate speciali, ha richiamato l’invito a «fare riferimento alle indicazioni diocesane con la finalità di celebrare il Signore, pregare e facilitare la partecipazione dell’assemblea»
di Annamaria
Braccini
«Cantate il vostro canto, suonate la vostra tromba, imparate a cantare meglio, fedeli tutti delle nostre comunità, perché anche il canto alimenti la preghiera, renda più festose le vostre generazioni, aiuti nell’armonia, aumenti l’intensità della comunione e la gioia di essere insieme a cantare le lodi del Signore».
Nella prima domenica dell’Avvento ambrosiano, sono queste le espressioni che l’Arcivescovo lascia come una consegna ai fedeli riuniti per la tradizionale Celebrazione eucaristica da lui presieduta in Duomo. Invitati speciali sono oltre 200 tra componenti e maestri delle Corali della Diocesi, nella prossimità della festa liturgica di Santa Cecilia – patrona dei cantori – e i ragazzi della Cresima di Vedano al Lambro e Novate Milanese.
«C’è troppo rumore, troppe grida, troppi gemiti» nella situazione di oggi, suggerisce il Vescovo Mario aprendo la sua omelia.
«La guerra, la violenza, la distruzione fanno rumore, così come la trasgressione che rovina la dignità e la bellezza dell’uomo e della donna. Le forze del male si presentano con una violenza sovrumana, incontrollabile, incomprensibile. Ci sono cattiverie tra gli uomini, ma c’è qualche cosa di troppo più grande nella crudeltà; c’è l’aggressività degli umani, ma c’è qualche cosa di troppo più grande nell’accanimento della distruzione totale».
Il desiderio è quello di fuggire da tutto questo, come dicono anche le Letture del giorno, ma dove?
«Contro ogni inclinazione a rassegnarsi alla sconfitta, Gesù annuncia che proprio allora comparirà il segno: il Signore manderà i suoi angeli con una grande tromba ed essi raduneranno gli eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli».
E, allora, occorre ascoltare. «Il suono delle trombe è l’arte di trasformare in musica il rumore assordante, di trasfigurare la storia perché manifesti la gloria. Nel disastro che rovina la terra si diffonda una musica che annunci la ricostruzione:; nella cattiveria che umilia i deboli si diffonda un cantico che proclami la salvezza e la giustizia. All’inizio dell’Avvento il Vescovo conferma la missione della Chiesa: suonate le vostre trombe. A ogni comunità deve essere rivolto l’invito a continuare la missione, a dare motivi di speranza, a invitare ad alzare lo sguardo per riconoscere la direzione del cammino e ricevere la forza per compierlo».
L’Avvento è tempo propizio per «guardarsi attorno con maggior realismo e riconoscere che siamo un popolo numeroso che si affatica e soffre, ma che è radunato dalla speranza. Il compito dei cristiani è la gioia, reagendo al mondo dell’iniquità. Cantare inni vuole dire che il popolo di Dio trova la sua gioia nella comunione e nella sua fiducia in Gesù. È lui il senso della storia».
Per questo, la gioia cristiana è «seminare speranza perché c’è un mèta, una direzione da seguire. Cantate il vostro inno, eletti del Signore, perché sia un invito. Mi piacerebbe – aggiunge l’Arcivescovo – che il canto fosse come la tromba degli angeli e non una scelta che divide».
Parole riecheggiate, seppure con accenti diversi, nel dialogo sviluppatosi prima della Messa, attraverso 3 domande poste proprio in riferimento al ruolo del canto e della musica nella liturgia e sul compito delle corali. D’altra parte, lo stesso vescovo Mario segnalava, nella sua Proposta pastorale di questo anno, in particolare nella Lettera per il Tempo Pasquale, la necessità di fare alcune verifiche in questo contesto.
Verifica necessaria per «allargare i paletti della tenda», magari quando le Corali di diverse parrocchie si devono fondere in quella della Comunità pastorale con le inevitabili «difficoltà di comporre tempi e stili». Come fare, dunque?, evidenzia Gianpietro Cestaro, responsabile del Coro della parrocchia di Binago, inserita in Unità pastorale.
La risposta dell’Arcivescovo è chiara: «Dobbiamo tutti convertirci e questo nella liturgia significa, in continuità con la tradizione, creare la possibilità di muoverci verso una mèta ulteriore. Mi pare che vi sia troppo arbitrio e una qualità, talvolta, discutibile. La liturgia è una manifestazione importante della fede e ha un riferimento nella disciplina della Chiesa universale e della Chiesa diocesana. Ciò è una ricchezza perché si fa parte di una Diocesi: la coralità è questo, non far parte di un coro. Fate riferimento alle indicazioni diocesane e siate attenti alle finalità che sono celebrare il Signore, pregare e facilitare la partecipazione dell’assemblea».
Gabriele Conti, invece, viene da Varese,dove da 35 anni è Organista e direttore di Coro nella basilica di San Vittore. «Come evitare che, in un momento già difficile, le Corali siano custodite nelle grandi Cattedrali o in realtà che si fondano solo sulla passione di alcune persone?».
«Esprimo gratitudine per queste competenze che dicono un servizio attraverso la bellezza. Impedire la superficialità dei giudizi sbrigativi sul ruolo delle Corali e del Canto liturgico è fondamentale. Non vorrei che questo fosse un intervento isolato, perché tali tematiche mi stanno veramente a cuore. Penso che una delle, grandi lacune delle nostre assemblee, e anche dei nostri sacerdoti, sia la mancanza di cultura musicale. Vorrei chiedere ai maestri di preoccuparsi anche dell’educazione, impegnandosi a trasmettere una cultura per cantare insieme: è una delle priorità educative».
Infine Elena, di Lecco, che esprime il punto di vista di chi non ha una competenza specialistica e si domanda se la Diocesi può aiutare nella formazione nei campi musicali.
«Dico di sì e, per questo abbiamo pensato, oltre ai consueti convegni e momenti di confronto, anche a una presenza sul territorio del Servizio per la Pastorale Liturgica, al fine di creare un rete fatta di persone che si conoscono e possono avviare processi di crescita in questi ambiti. Sentiamoci insieme, rendendoci disponibili a sostenere coloro che vogliono compiere qualche passo di specializzazione e aggiornamento. Edifichiamo un corrente di opinione che utilizzi l’attrattiva del bello più che le formalità. Questa è la missione che vi affido e sarebbe bello festeggiare Santa Cecilia, il 22 novembre, con un piccolo evento ogni anno».
Infine, in tale logica, l’Arcivescovo presenta all’assemblea don Riccardo Miolo, collaboratore del Servizio per la Pastorale Liturgica nella Sezione del Canto». È lui che parla della musica «come strumento di preghiera e spiritualità», invitando i fedeli a cantare l’inno mariano “È l’ora che pia”.