In Duomo l'Arcivescovo ha celebrato la Messa Crismale con i sacerdoti ambrosiani. Il 2 giugno momento di ringraziamento per i volontari in servizio nelle parrocchie durante la pandemia
di Annamaria
BRACCINI
«Formiamo un unico Clero e siamo qui a rinnovare le nostre promesse e a guardare con fiducia al nostro futuro: noi clero diocesano, degli Istituiti religiosi, diaconi siamo al servizio di un’unica Chiesa. Si dice che siete i collaboratori del Vescovo, ma in realtà fate molto di più e molto meglio che collaborare con me. Il ministero che svolgete è ammirevole, capace di lavorare e creativo».
È un ringraziamento, a tratti quasi commosso, quello che l’Arcivescovo rivolge ai 1500 preti che affollano il Duomo per la Messa crismale che, finalmente dopo due anni, torna a una normalità desiderata, sperata, voluta e condivisa dai presbiteri che si ritrovano provenendo da ogni parte della Diocesi e non solo. Dice, infatti, l’Arcivescovo, sempre in apertura della Messa: «Vedo tanti preti che vengono da altri Paesi del mondo, dall’Ucraina, dalla Russia, dal Libano, dall’Arabia, dall’Africa, dall’Asia e sacerdoti italiani che fanno parte di Istituti missionari. Siate tutti benvenuti in questo momento in cui ci riconosciamo nell’unica Chiesa. Credo che questa celebrazione ci faccia consapevoli della particolare responsabilità di essere una profezia di fraternità in nome del Signore, in questo mondo nel quale ci sono tanti segni di disgregazione, di contrapposizione, di guerre guerreggiate. Camminiamo in questa fraternità, diamo testimonianza dell’unione che lo spirito di Dio può creare in questa terra per renderla un luogo di fratelli, fratelli tutti, fratelli uniti nella gioia di Dio».
L’omelia
Espressioni di ammirazione, di richiamo all’unità presbiterale e alla riconciliazione per essere un segno per il mondo, che ritornano nell’omelia (qui il testo integrale), a partire da quell’«umanità malata che abita una terra malata» e che tanto ha bisogno di avere veri punti di riferimento spirituale». Perché, magari, non crede nemmeno di essere malata o cerca solo la cura di medici e scienziati. «Uomini e donne che non riconoscono che una insidia più pericolosa di ogni virus sta divorando l’anima: accumulano denaro impoverendo i poveri, conquistano terre distruggendo popoli e cultura con guerre disastrose». E non s’avvedono che sono malati di una malattia mortale non comprendendo che occorre cercare la salute, ma «ancor più la salvezza». Come fanno, invece, le donne e gli uomini che «chiedono ai presbiteri la presenza amica e la preghiera fiduciosa».
«Oggi siamo radunati per rinnovare le nostre promesse sacerdotali, per rinnovare questa disponibilità a essere a servizio del popolo cristiano. Vi hanno chiamato e voi siete andati: io, a nome di tutti, vi ringrazio fratelli, presti, diaconi, ministri della comunione, volontari Caritas: abbiamo confermato il volto e lo stile di una Chiesa sollecita e amorevole verso tutti».
Chiamati a servire, quindi, pur portando spesso il peso di ferite personali: «Siete andati a curare le ferite, non come superuomini, superiori alle tribolazioni dell’umanità malata, ma come uomini segnati, come tutti, da ferite e stanchezze, da paure e smarrimenti. Feriti e stanchi, siete però andati là dove siete stati chiamati a pregare, a celebrare funerali, ad animare assemblee diradate e un po’ depresse e deprimenti, segnate da troppe assenze; ad ascoltare confidenze segnate da troppo dolore, interrogativi insolubili perché malati di troppo risentimento. Vi siete stancati, anche voi avete provato strazio e smarrimento, condividendo lo strazio e lo smarrimento della gente, anche voi avete avvertito l’angoscia e il dolore per i vostri cari e per voi stessi».
Anche il clero, ovviamente, non sfugge alle ferite, scandisce l’Arcivescovo: «Celebriamo la Messa Crismale per chiamarci tutti “fratelli”, convocati per continuare a cercare momenti qualificati di preghiera comune, per chiedere allo Spirito l’unzione che porta sollievo, guarigione, salvezza, ricominciamento della speranza in una comunione condivisa. Anche i rapporti entro il clero talora creano ferite, invece che essere balsamo, generano amarezza invece che conforto e letizia. Perciò dobbiamo perdonarci a vicenda». Una richiesta di perdono che il Vescovo fa sua per primo: «Le mie decisioni incidono nella vita del clero più di tutte le altre decisioni. Perciò devo chiedere più spesso perdono».
«Vi hanno chiamato e siete andati: siate benedetti e possa la vostra testimonianza essere una provocazione e un’attrattiva per i giovani e gli adolescenti di oggi perché si facciano avanti a condividere questo andare insieme. Questo è il miracolo di Pasqua: che nel curare le ferite degli altri sperimentiamo una sovrabbondanza di gioia, una sorta di lieta riconciliazione con le nostre ferite, una esultanza incomprensibile a chi non la sperimenta». La conclusione si fa, così, incoraggiamento e appello. «Non abbiamo la presunzione di essere il rimedio ai mali del mondo, Io vi incoraggio ad andare ancora, ad andare insieme, ad andare fiduciosi per una rinnovata comunione con Gesù e una più intensa fraternità nel presbiterio che sia riserva di fiducia e di gioia».
La benedizione degli oli
Poi, la rinnovazione delle promesse sacerdotali da parte dei presbiteri, la benedizione degli oli dei catecumeni e degli infermi e del crisma da portare nelle parrocchie dove verranno utilizzati durante l’anno. L’Arcivescovo stesso si recherà, per tale motivo, in alcune Zone della Diocesi.
A conclusione arriva anche un annuncio del vicario generale, monsignor Franco Agnesi: «Giovedì 2 giugno, dalle 17.30 alle 19, a Rho desideriamo invitare tutti i volontari che in questi ultimi due anni di pandemia si sono occupati del servizio di accoglienza nelle nostre comunità per un ringraziamento sentito del lavoro fatto: sono stati capaci di tradurre con gentilezza i rigidi protocolli imposti dalla situazione sanitaria. Sarà un’occasione per pregare insieme con un rosario, la speranza è anche di aprire un dialogo per continuare ad accogliere i fedeli in chiesa con lo stesso spirito di questi mesi».
Infine è l’Arcivescovo a ricordare «i preti in missione, quelli malati di Covid-19 o altre malattie e i più anziani ricoverati nelle case di riposo per il clero, e a sottolineare: «Vi raccomando di pregare per la pace. Siamo angosciati per la guerra in Ucraina, ma non dobbiamo dimenticare anche gli altri conflitti, altrettanto disastrosi, che seminano morte in tutto il mondo. Rivolgo l’invito a un momento di raccoglimento per le vocazioni al ministero ordinato. Non si tratta solo di una questione di numeri di preti, anche se questo aspetto riveste una sua importanza, ma vogliamo contagiare gli altri con la gioia e la pienezza di umanità che viene dal nostro essere preti, diaconi o vescovi. Un pensiero da condividere con i giovani che preghino per la loro vocazione».