Anche un riferimento al conflitto in corso nell'intervento dell'Arcivescovo al Congresso regionale del Cif, occasione di riflessione sul ruolo femminile nella ripartenza dopo la pandemia

Cif 2022
L'Arcivescovo con la presidente regionale Anna Luisa Bravi

di Annamaria Braccini

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Le presenti all’incontro

«Essere donne di pensiero capaci dì assumere responsabilità, che illuminano la loro testimonianza con la fede». È quanto l’Arcivescovo ha chiesto alle aderenti al Centro Italiano Femminile, riunite presso la chiesa di San Marco per il Congresso elettivo regionale della Lombardia. Titolo dell’assise – in cui è stata rieletta la presidente uscente Anna Luisa Bravi – «Essere donna Cif oggi: dalla pandemia verso nuovi stili di vita». Un momento di ascolto, di confronto, di festa, per la consegna di alcuni riconoscimenti, ma soprattutto di riflessione, a cui non ha voluto mancare l’Arcivescovo, indicando un cammino per il futuro, così come fece quattro anni fa nel precedente Congresso regionale.  

Dopo i saluti istituzionali – tra cui il messaggio dell’assessore regionale alla Famiglia, Solidarietà sociale, Disabilità e Pari opportunità della Regione Lombardia Alessandra Locatelli e del presidente del Forum delle Associazioni Familiari Giovanni Giambattista -, il responsabile della Comunità pastorale San Paolo VI (che comprende San Marco) monsignor Gianni Zappa e l’assistente ecclesiastico don Giuseppe Grampa hanno sottolineato il valore profetico dello stile sempre praticato dal Cif, «con criteri di partecipazione democratica alla vita dell’Associazione, così come oggi chiede papa Francesco».    

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L’intervento dell’Arcivescovo

Donne impegnate che costruiscono la pace

«L’impegno sociopolitico e la riflessione delle donne nella Chiesa rappresentano un riferimento e una risorsa determinante sempre, ma nei tempi dell’emergenza testimoniano quanto le donne siano coloro che custodiscono la sollecitudine per le persone. Nella tragedia del Covid, nello sconquasso iniziale delle istituzioni, insieme con gli aspetti organizzativi, istituzionali, scientifici, gran parte di coloro che hanno più assistito concretamente sono state le donne. Al di là delle statistiche, in tempi di guerra, sono le donne che costruiscono la pace», ha ricordato l’Arcivescovo in riferimento al conflitto in corso.

«In questo momento drammatico ci auguriamo che le donne siano sempre capaci di costruire la pace. Tante ucraine sono qui come badanti e questo stabilisce quasi una parentela tra l’Italia e l’Ucraina, anche se in terra milanese e lombarda il tema delle migrazioni è sempre stato trattato come un problema, non mettendo adeguatamente in evidenza il contributo portato alla nostra società».

Nel richiamo al Messaggio dei Vescovi lombardi «Una parola amica», inviato alle donne e agli uomini di Lombardia il 17 settembre 2020 in pieno dramma pandemico, monsignor Delpini ha così proseguito: «Ciò che abbiamo voluto comunicare, più che un atto di magistero, è una parola amica e questo già mi permette di raccomandare un rapporto amichevole dentro la Chiesa. Il tema di una stima vicendevole, di un’attenzione interessata a ciò che possono dire e offrire gli altri, ci appartiene, mentre non lo dovrebbero essere i luoghi comuni e le chiacchiere».

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Il momento di preghiera

I quattro percorsi proposti  

«Imparare a pregare, perché a volte si ha l’impressione che, tra tante responsabilità, se ne possa fare a meno, ma chi crede sa che la preghiera è un modo per prendere coscienza del Signore. Il Covid ha creato una cesura anche su questo: le giuste cautele contro il contagio hanno, per alcuni mesi, interrotto la possibilità di pregare insieme e abbiamo provato a farlo a distanza. È possibile, come sappiamo e sapevamo anche prima della pandemia, tuttavia ci sono delle controindicazioni perché seguire la Messa a distanza non è lo stesso che andare in chiesa. Crederlo spezza la comunità, dobbiamo recuperare il senso della presenza fisica: imparare a pregare significa oggi imparare a partecipare all’Eucaristia».

Poi, imparare a pensare: «La pandemia ci ha privato in parte del pensiero, perché siamo stati invasi dalla cronaca, dalle notizie, vere e false. Imparare a pensare non è cosa semplice, né immediata, quando la pressione mediatica è così insistente: è un’arte, perché significa interpretare tutte le dimensioni dell’umano».

Terzo, imparare a pensare oltre la morte: «La pandemia ci ha richiamato a questo pensiero, ma è come se il vertice della sapienza contemporanea fosse il viaggio verso il nulla. La vita per i cristiani è invece la risurrezione, cancellata da un pensiero contemporaneo che invade persino il cristianesimo, perché la comunione con il Cristo risorto appare talvolta evanescente. Il nostro destino non è il declino e la morte, ma l’incontro con Gesù, mentre oggi credere nella risurrezione e sperare nella vita eterna sembra una favola».

Infine il quarto punto, «forse il più praticato lodevolmente da molti, il prendersi cura che non è solo soddisfare solo un bisogno» Uno stile che l’Arcivescovo considera una sensibilità ormai diffusa negli ambienti sanitari.

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L’assistente ecclesiastico del Cif don Giuseppe Grampa durante la preghiera

Le prospettive future

Tutte questioni a fronte delle quali – anche per una diminuzione delle aderenti e di oggettive difficoltà, aggravate dalla pandemia – si è soffermata la relazione di Eliana Bacchini, presidente del Congresso regionale della Lombardia e membro della Presidenza nazionale. Un’analisi che ha messo a fuoco la necessità «di un esame sereno della mission del Cif e dei programmi per il prossimo quadriennio, in considerazione del rinnovamento di molti servizi erogati dal Centro, come consultori, scuole dell’infanzia, centri di ascolto e antiviolenza. Nel dopoguerra il Cif ha saputo interpretare le esigenze delle donne e della società di allora; così anche oggi vogliamo continuare a impegnarci per il bene comune, con il coinvolgimento delle giovani che sono le protagoniste del futuro». Come ha peraltro evidenziato la presidente regionale Anna Luisa Bravi nel suo augurio, auspicando la creazione di una rete di collegamento con il Consiglio nazionale «perché abbia più attenzione ai territori»; la creazione di un  archivio «che divenga memoria storica» e la scelta di una nuova sede. 

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