Vita in famiglie tradizionali o “allargate”, confronto con gli studenti, contatti con la realtà del carcere: c’è stato tutto questo nell’esperienza vissuta da 41 ragazzi di 3a, 4a e 5a Teologia a Lecco
di Ylenia
Spinelli
Raccontare per provocare, incontrare per incoraggiare, pregare per affidare. Si può riassumere in questi verbi, da declinare in tanti modi, il senso della Missione vocazionale che i seminaristi del Quadriennio hanno vissuto a Lecco dal 14 al 18 ottobre. I 41 ragazzi di 3a, 4a e 5a Teologia sono stati accolti in altrettante famiglie sparse negli otto poli pastorali del Decanato e per tutti è stata una bellissima esperienza.
Clara Agostoni ha aperto le porte di casa a Edoardo Mauri. Il plurale è d’obbligo, visto che il giovane seminarista si è trovato a condividere per qualche giorno la quotidianità di un gruppo di cinque famiglie di amici che hanno ristrutturato il vecchio oratorio di Rancio per farne il loro “condominio aperto”. «Siamo una famiglia allargata di 28 persone, di cui 18 ragazzi dalla prima media in su – spiega Clara -. Ci chiamiamo “La Cordata” e viviamo insieme dal 2013, anche se ognuno ha i propri spazi. Siamo stati molto felici di ospitare Edoardo, un giovane dalla vitalità contagiosa che abbiamo accolto come un figlio».
Tutti insieme, come in famiglia
Clara racconta lo stupore del seminarista, figlio unico, che si è trovato a vivere in una grande famiglia, con ritmi frenetici, tra lavoro, scuola, compiti, corsi sportivi. «Grazie alla presenza di Edoardo siamo riusciti a ritrovarci tutti insieme, come non succedeva da tempo – aggiunge Clara-. È stato bello condividere i pranzi in giardino, momenti di preghiera, fare una partita a carte e intanto chiacchierare per conoscerci meglio». I ragazzi di questa allegra “Cordata” hanno riempito Edoardo di domande sulla vita in Seminario, su quello che si lascia, su cosa si guadagna quando si sceglie Gesù.
La Missione è infatti occasione per i seminaristi di dare testimonianza della propria vocazione, di raccontare cioè come Dio sia entrato nella loro vita e li abbia chiamati a seguirlo. Per tutti loro l’opportunità più bella è stata quella di poter condividere la propria esperienza di fede con i ragazzi delle superiori, andando a incontrarli proprio tra i banchi di scuola.
Tra gli studenti
Nikolas Abbate ha portato la sua testimonianza agli studenti del liceo classico “Manzoni” di Lecco. «Ho potuto raggiungere tantissimi ragazzi anche quelli che non frequentano l’oratorio e non vanno a Messa – spiega -. Entrare nelle classi è stata una bellissima occasione per ascoltare i giovani, le loro pretese nei confronti della Chiesa e dei preti. Abbiamo affrontato il tema fede-ragione, ci siamo soffermati sull’importanza del dubbio, accogliendo critiche e cercando di togliere pregiudizi».
Anche Claudio Darman, che come insegnante di religione è abituato a entrare nelle scuole e a dialogare con i ragazzi, ha trovato molto importante l’incontro avuto con gli studenti del liceo artistico. «La nostra fede è matura se si è in grado di raccontarsi e di esporsi senza tentennamenti o imbarazzo – confessa-. La Missione mi è servita a capire questo, ha arricchito e rafforzato il mio cammino verso il sacerdozio».
La ricerca di Dio
Davide Beretta è invece rimasto colpito da quel sostrato di fede e di ricerca delle cose più importanti per la propria vita spirituale che, nonostante tutto, resiste nelle famiglie, nei giovani, tra gli anziani. «Ho avvertito, durante vari incontri, una ricerca di senso e di Dio, che magari non ha più l’alfabeto cristiano, ma esiste» racconta, aggiungendo: «Nella famiglia che mi ha ospitato ho portato la mia testimonianza, ma a mia volta ho ricevuto una grande lezione di accoglienza e di amore che viene dalla vocazione matrimoniale e dall’essere genitori di un ragazzo adolescente, età non certo facile».
Arricchenti per i seminaristi sono stati pure gli incontri con gli scout, il gruppo chierichetti, gli adolescenti, i giovani e alcune realtà caritative e sociali presenti sul territorio.
«Con alcuni compagni ho vistato “Casa Abramo”, che accoglie ex carcerati e uomini in difficoltà» racconta Nikolas, rimasto colpito dalla testimonianza di un ospite che ha definito il carcere «università della delinquenza», perché a volte, dietro le sbarre, si impara a delinquere ancora di più.
La Missione vocazionale è stata un bussare alla porta del cuore. «Poi c’è la scelta di aprirla – aggiunge don Fabio Molon, vicerettore del Quadriennio teologico – e, là dove una porta si apre, il Signore entra. Per questo la Missione è un inizio e la presenza dei seminaristi un incoraggiamento».