Redazione

Una raccolta di interventi effettuati dall’Arcivescovo
sul tema durante il suo magistero e rivolti agli sportivi,
alle diocesi, alle parrocchie, alle associazioni sportive
e ai sacerdoti, promossa dal Csi per celebrare i 70 anni
del Cardinale e poi ulteriormente arricchita

di Mauro Colombo

«Non è l’uomo per lo sport, ma è lo sport per l’uomo». Parola del cardinale Dionigi Tettamanzi, che confessa una lontana passione per il ciclismo e giovanili simpatie calcistiche per la Pro Patria e l’Ambrosiana-Inter, ma ammette di non essere mai andato allo stadio e non si lascia strappare un pronostico sul prossimo derby della Madonnina («il vescovo è padre di tutti, deve rimanere super partes…»), anche se ricorda la fausta previsione della promozione in serie A dell’Ancona ai tempi del suo episcopato nella città marchigiana.

L’Arcivescovo è al suo primo incontro “milanese” con la stampa sportiva, in occasione della presentazione del volume Sportivi uomini veri (Centro Ambrosiano, 192 pagg., 12,50 euro). Una raccolta di interventi effettuati sul tema durante il suo magistero, promossa inizialmente dal Csi di Milano per celebrare i 70 anni del Cardinale e poi ulteriormente arricchita.

Un libro caratterizzato da «una costante fiducia nell’uomo», spiega Bruno Pizzul nella prefazione, ma nella consapevolezza che «la fede, più dei muscoli, è il motore di uno sportivo», come rileva Candido Cannavò nella postfazione.

Luogo di aggregazione principe, lo sport, ma anche scuola di valori: lealtà, spirito di sacrificio, rispetto dell’avversario, accettazione della sconfitta. «Chiunque, campione o amatore – sottolinea Tettamanzi -, e’ in grado di capire come lo sport sia uno strumento essenziale per la crescita della persona. È un diritto e una responsabilità dell’uomo. Di “tutto” l’uomo, inteso nella completezza dei suoi valori, e di “tutti” gli uomini, compresi quanti si trovano in condizioni di svantaggio o a rischio di emarginazione, come i disabili e i poveri».

L’Arcivescovo ricorre all’immagine biblica del campo: «C’è il campo che nasconde un tesoro: talenti e potenzialità da scoprire in uno sportivo. C’è poi il campo con un fico che non dà frutti, ma che malgrado ciò non viene sradicato: un invito alla pazienza davanti ai risultati che non arrivano. C’è, ancora, il campo biondeggiante di messe: successo, gloria, fortuna, come è capitato agli atleti azzurri alle Olimpiadi di Atene. E c’è, infine, il campo con il grano e la gramigna: bene e male, che convivono anche nello sport».

Tra gli aspetti negativi, l’Arcivescovo inserisce al primo posto il doping, perché «c’è l’esigenza popolare di avere uno sport davvero pulito». Ma si possono citare anche il business imperante, il tifo esasperato che va al di là di una pur accesa passione e certe cronache “urlate” alla tv e sui giornali: «Oggi urlare è un costume diffuso in tanti ambiti… Qualche volta può servire, ma e’ più importante provare a spiegare, cercare di fornire delle ragioni».

Nel volume i 14 interventi di Tettamanzi sono divisi a seconda del pubblico cui sono stati rivolti: gli sportivi; le diocesi, le parrocchie e le associazioni sportive, chiamate a costruire «una nuova pastorale dello sport»; i sacerdoti, impegnati «a servizio del Vangelo dello sport ».

«E’ un libro cui altre voci, testimonianze e immagini conferiscono lo stile del dialogo», evidenzia don Massimiliano Sabbadini, responsabile del Servizio per i ragazzi e l’oratorio. «Ne emerge il carattere dell’Arcivescovo – osserva Candido Cannavò -, come l’ho conosciuto in occasione del Natale degli Sportivi e della messa natalizia al carcere di San Vittore: la gioia, l’apertura, la capacità di dialogare a diversi livelli».

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