Aldo, giornalista per più di trent’anni, da dieci è volontario nella Mensa dei Poveri di Opera San Francesco. Da qualche tempo il suo Natale è diverso: ha deciso di trascorrerlo servendo il pranzo ai meno fortunati
Aldo ha 66 anni ed è milanese. È volontario dal 2009, quindi compie 10 anni proprio nel 2019, quando Opera San Francesco invece ne celebra 60. È stato un giornalista per più di trent’anni, occupandosi di politica estera. Poi il suo editore è stato assorbito da un altro e lui ha scelto di “uscire dall’azienda”, ma gli mancavano ancora pochi mesi per raggiungere la pensione. La rivista sportiva dove avrebbe dovuto lavorare per maturare gli ultimi mesi necessari tardava ad aprire ed era un po’ preoccupato: «Non ero abituato a stare a casa, senza un’occupazione. Allora mia moglie mi ha consigliato di andare all’Opera e di diventare volontario. In Osf mi hanno chiamato proprio quando ho cominciato nel nuovo giornale. E quando ho visto come funziona tutto qui sono rimasto senza parole: c’è organizzazione e professionalità».
Ha iniziato al Servizio Docce e Guardaroba, solo qualche mese: «Mi sono trovato bene, ma occorreva insistere con gli utenti e mettere loro un po’ di fretta perché si sbrigassero, in modo che ci fosse spazio e tempo per tutti. Per me è stato difficile. Le persone avevano una certa dignità, avevano piacere a uscire ben messi, puliti e con abiti nuovi. È davvero un servizio importante per chi vive per strada e per me una bella esperienza. Poi mi hanno chiesto di andare in Mensa: sono lì da dieci anni, tutti i martedì, sono referente. Il mio gruppo è autonomo e collaborativo, all’inizio avevo qualche timore perché chi mi aveva preceduto era molto meticoloso e preciso, ma poi mi sono abituato e tutto ciò che ho imparato l’ho appreso dal mio “maestro”. Cerco di farli sentire tutti utili e importanti, perché lo sono. Non credevo ci fosse così tanta gente, soprattutto italiani – continua -. Vedi di tutto: la maggior parte di loro ti ringrazia, solo pochi si arrabbiano e di certo non mi fanno desistere dal fare ciò che faccio».
«Questo sarà il secondo Natale che passerò in Osf facendo il volontario – continua -: l’anno scorso la festività cadeva proprio il giorno del mio turno e ho portato anche mia moglie. È stata un’esperienza davvero importante per entrambi. Anche lei ha notato la bella sintonia tra volontari e utenti. Il menù non è importante, lo sono altre cose, tutt’altro che materiali: quel giorno ti senti più vicino, più attaccato a queste persone. È difficile da spiegare. I miei figli hanno capito e, insieme, abbiamo deciso di festeggiare Natale il giorno di Santo Stefano, che è anche il nome di mio figlio. E quest’anno ripeteremo, sempre insieme a mia moglie».
«Osf per me è la generosità e la fratellanza in persona, perché qui non si guarda né sesso né religione, né provenienza. Semplicemente si dà aiuto a chi ne ha bisogno», sottolinea Aldo. E conclude con un episodio: «Un italiano di Cremona aveva perso il lavoro, poi la casa e la famiglia. Era andato in depressione, ma poi si era curato, sembrava stare meglio e invece un giorno, senza preavviso, si è suicidato. La vita gli ha tolto tutto, tranne la vita, e se l’è tolta lui. Sarebbe bello tenere più aperto, specie d’inverno, per poter dare più aiuto e sollievo agli ospiti».