Nella Lettera “Misericordia et misera” Francesco auspica una «conversione pastorale» che metta al centro i poveri e l'ascolto della gente. Tra le novità del documento, la facoltà per tutti i sacerdoti, «in forza del loro ministero», di concedere l'assoluzione dal «procurato peccato di aborto»; la proposta di dedicare una domenica alla promozione della Bibbia nelle diocesi e di istituire una Giornata mondiale dei poveri

Papa Francesco

«La misericordia non può essere una parentesi nella vita della Chiesa», perché l’incontro tra Gesù e l’adultera è l’«icona» non solo dell’Anno Santo straordinario che si è appena concluso, ma dello stile del cristiano. Il Giubileo finisce, il Giubileo continua: nella Lettera apostolica Misericordia et misera, diffusa ieri, papa Francesco afferma che «questo è il tempo della misericordia», e auspica una «conversione pastorale» che metta al centro i poveri e l’ascolto della gente. «Le nostre comunità si aprano a raggiungere quanti vivono nel loro territorio perché a tutti giunga la carezza di Dio attraverso la testimonianza dei credenti», l’invito di Francesco: la tentazione di fare la «teoria della misericordia» si supera «nella misura in cui questa si fa vita quotidiana di partecipazione e di condivisione». Tra le novità del documento, la facoltà per tutti i sacerdoti, «in forza del loro ministero», di concedere l’assoluzione dal «procurato peccato di aborto»; l’estensione dell’assoluzione dai peccati anche ai lefevbriani «fino a nuove disposizioni»; la proroga del servizio dei «Missionari della misericordia»; la proposta di dedicare una domenica alla promozione della Bibbia nelle diocesi e di istituire una Giornata mondiale dei poveri, nella XXXIII domenica del tempo ordinario.

«In una cultura spesso dominata dalla tecnica, sembrano moltiplicarsi le forme di tristezza e solitudine in cui cadono le persone, e anche tanti giovani», l’analisi del Papa: per un futuro non «ostaggio dell’incertezza» la misericordia è l’unico antidoto a «malinconia, tristezza e noia, che lentamente possono portare alla disperazione». No alle «chimere che promettono una facile felicità con paradisi artificiali», sì alla misericordia come «vento impetuoso e salutare», di fronte al quale «non si può rimanere indifferenti, perché cambia la vita», come abbiamo sperimentato nell’anno giubilare appena trascorso. Ora «è tempo di guardare avanti», tramite una «conversione pastorale» nella liturgia, nei sacramenti, nella catechesi, nell’ascolto della Parola di Dio, nella cura e nella preparazione dell’omelia.

«È mio vivo desiderio che la Parola di Dio sia sempre più celebrata, conosciuta e diffusa», scrive il Papa proponendo una domenica dedicata «interamente» alla Bibbia, con iniziative di «creatività» pastorale tra cui «la diffusione più ampia della lectio divina».

«Il sacramento della riconciliazione ha bisogno di ritrovare il suo posto centrale nella vita cristiana», raccomanda Francesco prorogando il ministero dei 1.142 «Missionari della misericordia» inviati nelle diocesi del mondo durante il Giubileo. «Noi confessori», aggiunge fornendo accurate disposizioni per ilo svolgimento del ministero, «abbiamo la responsabilità di gesti e parole che possano giungere nel profondo del cuore del penitente, perché scopra la vicinanza e la tenerezza del padre che perdona». Anche «nei casi più complessi». «Concedo d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto», la novità più eclatante del documento, in cui si estende anche «fino a nuove disposizioni» la facoltà dei sacerdoti della Fraternità San Pio X di assolvere i loro fedeli dai peccati.

«Tutti abbiamo bisogno di consolazione», scrive Francesco evocando uno dei momenti più originali del suo Giubileo: la Veglia per asciugare le lacrime. In un momento di «crisi» come il nostro, la «forza consolatrice» deve andare prima di tutto alle «nostre famiglie», le cui situazioni vanno valutate da parte del sacerdote con «un discernimento spirituale attento, profondo e lungimirante», come si raccomanda nell’Amoris Laetitia. Anche il rito delle esequie va difeso dalla tendenza della cultura contemporanea «a banalizzare la morte fino a farla diventare una semplice finzione, o a nasconderla».

«Termina il Giubileo e si chiude la Porta Santa. Ma la porta della misericordia del nostro cuore rimane sempre spalancata». Il Papa fa risuonare le parole pronunciate durante la Messa di chiusura del Giubileo, quando addita a tutta la comunità cristiana «la via della carità», «la strada della misericordia che permette di incontrare tanti fratelli e sorelle che tendono la mano perché qualcuno la possa afferrare per camminare insieme». Come ha fatto lo stesso Francesco, durante i «venerdì della misericordia».

«Le nostre comunità si aprano a raggiungere quanti vivono nel loro territorio perché a tutti giunga la carezza di Dio attraverso la testimonianza dei credenti», l’invito di Francesco: la tentazione di fare «la teoria della misericordia» si supera «nella misura in cui questa si fa vita quotidiana di partecipazione e di condivisione».

La misericordia ha anche un «valore sociale», rimarca il Papa chiedendo di «rimboccarsi le maniche per restituire dignità a milioni di persone che sono nostri fratelli e sorelle, chiamati con noi a costruire una città affidabile». Sono tanti i «segni concreti» di misericordia realizzati durante il Giubileo: «Eppure non basta. Il mondo continua a generare nuove forme di povertà spirituale e materiale che attentano alla dignità delle persone». Bisogna «dare spazio alla fantasia della misericordia», allora, per fare crescere una «cultura della misericordia» che sia «rivoluzione», e non «teoria».

«I poveri li avete sempre con voi», l’imperativo di partenza per istituire una Giornata mondiale dei poveri. «Questo è il tempo della misericordia”, scandisce Francesco per cinque volte: «Per tutti e per ognuno, perché nessuno possa pensare di essere estraneo alla vicinanza di Dio e alla potenza della sua tenerezza». È uno sguardo inclusivo, quello del Papa: ne richiama un altro, quello in cui «rimasero soltanto loro due: la misera e la misericordia», commenta Sant’Agostino a proposito dell’immagine evocata dal titolo del documento che chiude l’Anno Santo.

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