Può diventare una forma eminente di carità e servire la pace se rispetta e promuove i diritti umani, costruisce cittadinanza, incoraggia i giovani: così il Pontefice nel Messaggio per la 52ma Giornata mondiale

di Gabriella Ceraso
Vatican News

Papa

«Pace a questa casa!»: è questo l’augurio con cui Papa Francesco inizia il nuovo anno e apre il suo Messaggio per la Giornata mondiale della Pace, reso noto martedì 18 dicembre in vista della ricorrenza del 1° gennaio. Sono le parole con cui Gesù invia in missione gli apostoli e la casa di cui parla è «ogni famiglia, comunità, ogni Paese, ogni continente» ed è anche la «nostra casa comune» di cui Dio ci affida la cura.

La sfida della buona politica

Cuore del Messaggio, datato 8 dicembre 2018, è la stretta relazione tra la pace e la politica di cui Francesco tratteggia potenzialità e vizi in prospettiva presente e futura, riconducendo entrambe a una «sfida» giornaliera, a un «grande progetto» fondato «sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani». La pace, come un «fiore fragile che cerca di sbocciare in mezzo alle pietre della violenza» – scrive il Papa citando l’amato poeta Charles Péguy –  si scontra con «abusi» e «ingiustizie», «emarginazione e distruzione» che la politica provoca quando «non è vissuta come servizio alla collettività». La buona politica è invece un «veicolo fondamentale per costruire cittadinanza e opere» e, se «attuata nel rispetto fondamentale della vita, della libertà e della dignità», può diventare una «forma eminente di carità».

Carità e virtù per una politica a servizio di pace e diritti

E se l’azione dell’uomo è sostenuta e ispirata dalla carità, ricorda Francesco citando la Caritas in Veritate di Benedetto XVI, «contribuisce all’edificazione di quella universale città di Dio verso cui avanza la storia della famiglia umana». È un programma in cui i politici di tutte le appartenenze possono ritrovarsi purché operino per il bene della famiglia umana praticando virtù che «soggiacciono al buon agire politico»: giustizia, equità, rispetto, sincerità, onestà, fedeltà. Il buon politico è, come delineato dalle beatitudini del Cardinale vietnamita François-Xavier Nguyễn Vãn Thuận che il Papa riprende, chi ha coscienza del proprio ruolo, chi è coerente, credibile, capace di ascoltare, coraggioso e impegnato per l’unità e il cambiamento radicale. Da qui la certezza espressa nel Messaggio che la «buona politica è al servizio della pace».

Virtù e vizi della politica

Ma la politica non è fatta solo di virtù e di rispetto di diritti umani fondamentali. Francesco dedica un paragrafo del suo Messaggio ai «vizi» che «indeboliscono l’ideale di un’autentica democrazia». Sono quelli che definisce «inettitudini personali», «storture nell’ambiente e nelle istituzioni», prima fra tutte la corruzione e poi il non rispetto delle regole, la giustificazione del potere con la forza, la xenofobia, il razzismo: esse «tolgono credibilità ai sistemi», sono «la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale».

Politica, giovani e fiducia nell’altro

Ma c’è anche un altro aspetto vizioso della politica che il Papa mette in luce e che ha a che vedere con il futuro e i giovani. Quando l’esercizio del potere politico – scrive – mira solo a «salvaguardare gli interessi di taluni individui» l’avvenire «è compromesso e i giovani possono essere tentati dalla sfiducia, perché condannati a restare ai margini». Quando, invece, la politica si traduce, in concreto, nell’incoraggiamento dei giovani talenti e delle vocazioni che chiedono di realizzarsi, «la pace si diffonde» e «diventa una fiducia dinamica». Una politica è dunque a servizio della pace – afferma Francesco – se riconosce i carismi di ciascuna persona intesa come «una promessa che può sprigionare nuove energie».

Servono artigiani della pace

Ma il clima di fiducia, è la considerazione del Pontefice, non è «mai facile», in particolare «in questi tempi». Francesco rimarca, a questo proposito, la diffusa «paura dell’altro», le «chiusure», «i nazionalismi» che segnano la politica di oggi mettendo in discussione la «fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno». Da qui il richiamo ad «artigiani della pace» e «messaggeri» autentici di Dio che animino le nostre società. A questo auspicio si unisce anche, da parte del Papa, un appello – a cento anni dalla fine della prima Guerra Mondiale – a cessare con la «proliferazione incontrollata di armi» e con l’«escalation in termini di intimidazione». La pace, ribadisce il Pontefice – non mancando di ricordare specialmente i tanti bambini vittime della guerra – «non può mai ridursi al solo equilibrio delle forze e della paura».

La politica della pace attinge al Magnificat

L’affresco che emerge dal Messaggio del Papa si conclude nell’ultimo paragrafo con una sottolineatura dedicata al rapporto tra diritti e doveri, per ribadire che – come ci ricorda anche il settantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani – il «grande progetto politico della pace» si fonda sulla «responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani». Esso ci sfida nell’impegno di tutti i giorni e ci chiede una «conversione del cuore e dell’anima». A chi vuole impegnarsi nella «politica della pace» il Papa consegna infine lo spirito del Magnificat che Maria canta a nome di tutti gli uomini: «Di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; […] ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre» (Lc 1,50-55).

 

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