Il Pontefice ha denunciato «il massacro di Bucha», implorando la fine del conflitto, frutto «delle strategie degli Stati più potenti». Ha mostrato una bandiera proveniente da Bucha e ha chiamato a sé i bambini ucraini presenti in Aula Paolo VI

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di Maria Michela Nicolais
Agensir

Il Papa mostra la bandiera giunta da Bucha (foto Vatican Media / Sir)
Il Papa mostra la bandiera giunta da Bucha (foto Vatican Media / Sir)

«Le recenti notizie sulla guerra in Ucraina, anziché portare sollievo e speranza, attestano invece nuove atrocità, come il massacro di di Bucha». A denunciarlo è stato il Papa, al termine dell’udienza di oggi. «Crudeltà sempre più orrende compiute anche contro civili, donne e bambini inermi – ha proseguito Francesco -. Sono vittime il cui sangue innocente grida fino al cielo e implora: si metta fine a questa guerra, si facciano tacere le armi, si smetta di seminare morte e distruzione». «Preghiamo insieme su questo», l’invito del Papa ai presenti in Aula Paolo VI, che hanno pregato insieme a lui qualche minuto in silenzio. «E ieri, proprio da Bucha, mi hanno portato questa bandiera», ha rivelato Francesco, che si è alzato in piedi per dispiegarla e farla vedere a tutti. «Questa bandiera viene dalla guerra. Proprio da quella città martoriata, Bucha – ha spiegato -. E anche qui ci sono qui alcuni bambini ucraini che ci accompagnano. Salutiamoli e preghiamo insieme con loro».

«Questi bambini sono dovuti fuggire e arrivare a una terra strana», ha detto il Papa una volta attorniato sul palco dai piccoli: «Questo è uno dei frutti della guerra, non dimentichiamolo. E non dimentichiamo il popolo ucraino». Poi il Santo Padre ha distribuito uova di Pasqua ai bambini, e ha commentato: «È duro essere sradicato dalla propria terra per una guerra».

Anche all’inizio della catechesi, dedicata a ripercorrere le tappe del suo viaggio apostolico a Malta, Francesco ha parlato del conflitto in atto, con una denuncia precisa: «Oggi si parla spesso di geopolitica, ma purtroppo la logica dominante è quella delle strategie degli Stati più potenti per affermare i propri interessi estendendo l’area di influenza economica, ideologica e militare. Lo stiamo vedendo con la guerra».

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