Nel Messaggio per la Giornata mondiale del 1° gennaio il Santo Padre fa appello alla coscienza morale e alla volontà personale e politica: «La frattura tra i membri di una società, l’aumento delle disuguaglianze sociali e il rifiuto di usare gli stessi strumenti per uno sviluppo umano integrale mettono in pericolo il perseguimento del bene comune»

di Rita SALERNO

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Non si può pretendere di mantenere la stabilità nel mondo attraverso la paura dell’annientamento in un equilibrio quanto mai instabile, sospeso sull’orlo del baratro nucleare. Lo scrive papa Francesco nel Messaggio per la 53.esima Giornata mondiale della pace (1° gennaio 2020) sul tema «La pace come cammino di speranza: dialogo, riconciliazione e conversione ecologica». Nel testo, reso noto oggi, il Pontefice richiama tutti a tracciare un cammino di pace basato sul dialogo fraterno, su una autentica conversione ecologica e su una vera riconciliazione. Si tratta, aggiunge, di aprire un percorso da costruire nel tempo, che rappresenta una vera e propria sfida che fa appello alla coscienza morale e alla volontà personale e politica.

La guerra – continua nel documento, citando le terribili prove dei conflitti civili e di quelli internazionali – «nasce nel cuore dell’uomo dall’egoismo, dalla superbia, dall’odio che induce a distruggere, a rinchiudere l’altro in un’immagine negativa, a escluderlo e cancellarlo. Ma la pace – ammonisce ancora il Papa – non ci potrà mai essere senza un sistema economico più giusto». Perché «la frattura tra i membri di una società, l’aumento delle disuguaglianze sociali e il rifiuto di usare gli stessi strumenti per uno sviluppo umano integrale mettono in pericolo il perseguimento del bene comune».

Custodire la memoria

Anche la sfiducia e la paura, rimarca il Santo Padre, aumentano la fragilità dei rapporti e il rischio di violenza, alimentando un circolo vizioso che non condurrà mai alla pace. Di qui il richiamo a perseguire una reale fratellanza, basata sulla comune origine da Dio ed esercitata nel dialogo e nella fiducia reciproca. Ma non si può raggiungere la pace se non si tiene conto del passato e dunque della memoria. E qui il Papa cita il recente viaggio in Giappone, compiuto il mese scorso, in particolare a Hiroshima e Nagasaki, ricordando i sopravvissuti ai bombardamenti atomici, testimoni per le generazioni successive dell’orrore sperimentato nell’agosto del 1945 e delle sofferenze indicibili che ne sono seguite fino ai giorni nostri. La memoria, sottolinea il Papa che cita San Paolo VI, va custodita non solo per non commettere di nuovo gli stessi errori o perché non vengano riproposti gli schemi illusori del passato, «ma anche perché essa, frutto dell’esperienza, costituisca la radice e suggerisca la traccia per le presenti e le future scelte di pace».  

Parole di speranza

Per tracciare un sentiero di pace, sfida complessa per gli interessi in gioco – ricorda il Pontefice – occorre fare appello alla coscienza morale e alla volontà personale e politica. Nella consapevolezza che questo processo di pace è un impegno che dura nel tempo, oltre che un lavoro paziente di ricerca della verità e della giustizia, che onora la memoria delle vittime e che apre, passo dopo passo, a una speranza comune, più forte della vendetta.

«Il messaggio è tutto da leggere in chiave di speranza – ha sottolineato il cardinale Peter Appiah Turkson, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, durante la presentazione del documento in Vaticano -, ma considerando che la pace non è una utopia o un vago sogno, al contrario è lo slancio vitale dell’intera famiglia umana». Interpellato su Greta Thunberg, persona dell’anno 2019 per la rivista Time, il porporato ha detto che «è una testimone, piuttosto che un modello. Perché è una testimone di questo impegno per la salvaguardia ambientale e per la cura della casa comune».

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