Ricevendoli nell’Aula Paolo VI, li ha messi in guardia: «La malattia del menefreghismo è più pericolosa del cancro»
di Filippo
Passantino
Agensir
«Questo è molto importante: imparare attraverso l’esperienza che nella Chiesa siamo tutti fratelli per il Battesimo; che tutti siamo protagonisti e responsabili; che abbiamo doni diversi e tutti per il bene della comunità; che la vita è vocazione, seguire Gesù; che la fede è un dono da donare, da testimoniare». Lo ha detto papa Francesco ricevendo in udienza, nell’Aula Paolo VI, i giovani dell’Azione Cattolica italiana. «E poi, ancora – ha evidenziato -: che il cristiano si interessa alla realtà sociale e dà il proprio contributo; che il nostro motto non è “me ne frego”, ma “mi interessa!”; che la miseria umana non è un destino che tocca ad alcuni sfortunati, ma quasi sempre il frutto di ingiustizie da estirpare». Parlando a braccio, ha aggiunto: «È più pericolosa del cancro la malattia del menefreghismo nei giovani».
Il Pontefice ha dunque osservato che «queste realtà di vita si imparano spesso in parrocchia e nell’Azione Cattolica». E proprio sulla parrocchia si è soffermato osservandone l’importanza e come sia cambiata nel tempo. «Quanti giovani si sono formati a questa scuola! Quanti hanno dato la loro testimonianza sia nella Chiesa sia nella società, nelle diverse vocazioni e soprattutto come fedeli laici, che hanno portato avanti da adulti e da anziani lo stile di vita maturato da giovani».
Così il Papa, rivolgendosi ai giovani, ha notato come «siamo di generazioni diverse, ma abbiamo in comune l’amore per la Chiesa e la passione per la parrocchia, che è la Chiesa in mezzo alle case, in mezzo al popolo».
«La Chiesa non va avanti con le riunioni»
«Anzitutto, voi volete contribuire a far crescere la Chiesa nella fraternità. Vi ringrazio! Su questo siamo perfettamente sintonizzati. Sì, ma come farlo? Prima di tutto, non spaventatevi se – come avete notato – nelle comunità vedete che è un po’ debole la dimensione comunitaria. È una cosa molto importante, ma non spaventatevi, perché si tratta di un dato sociale, che si è aggravato con la pandemia. Oggi, specialmente i giovani, sono estremamente diversi rispetto a 50 anni fa: non c’è più la voglia di fare riunioni, dibattiti, assemblee… Per un verso, è una cosa buona, anche per voi – ha osservato il Pontefice -: l’Azione Cattolica non dev’essere una “Sessione” Cattolica, e la Chiesa non va avanti con le riunioni».
Il Papa ha puntato il dito contro «l’individualismo, la chiusura nel privato o in piccoli gruppetti, la tendenza a relazionarsi “a distanza” contagiano anche le comunità cristiane». Quindi, ha chiesto di fare attenzione al «menefreghismo». «Se ci verifichiamo, siamo tutti un po’ influenzati da questa cultura. Dunque bisogna reagire, e anche voi potete farlo incominciando con un lavoro su voi stessi». Papa Francesco parla di «lavoro» perché «è un cammino impegnativo e richiede costanza». «La fraternità non si improvvisa e non si costruisce solo con emozioni, slogan, eventi… No, è un lavoro che ciascuno fa su di sé insieme con il Signore, con lo Spirito Santo, che crea l’armonia tra le diversità». Infine, dal Pontefice due moniti ai giovani – attenzione alle chiacchiere che creano divisione – e a non avere «facce da veglia funebre».
Notarstefano: «Impastare la fede con la vita»
«Ci sono tante “frette” che muovono questi giovani, tante urgenze e tante questioni che li interpellano e li coinvolgono in una ricerca che si fa tanto più appassionata quando è condivisa insieme ai loro coetanei ma anche ai più piccoli e ai più grandi nell’esperienza del dialogo intergenerazionale che quotidianamente si vive in Ac»: così il presidente nazionale dell’Azione Cattolica italiana, Giuseppe Notarstefano, nel suo saluto a papa Francesco. «I giovani di Ac si sono dati appuntamento in questi giorni per leggere i Segni di questo tempo, per riconoscerlo come un tempo benedetto e donato dal Signore e per accogliere in pienezza la Buona Notizia che anche oggi Gesù ha per la vita di ciascuno di noi».
Notarstefano ha quindi indicato «gli ambienti della vita di tutti i giorni dove i giovani imparano a leggere i Segni dei tempi ma anche diventare loro stessi segno di un tempo nuovo, di un nuovo inizio»: la cura per la città e la buona politica a servizio dei più fragili, l’accoglienza dei migranti e la sfida della legalità, la cultura popolare e lo sport insieme alla scuola, l’università e il lavoro. «L’Azione Cattolica italiana è stata storicamente ed è ancora oggi una intuizione e una passione dei giovani, una esperienza dove impastare giorno per giorno la fede con la vita, un luogo dove poter vivere in pienezza l’amicizia con il Signore che non di rado diventa un luminoso esempio per tutti».
Quindi, il riferimento ad Alberto Marvelli, Pina Suriano, Gino Pistoni, Armida Barelli e Piergiorgio Frassati e una «folta schiera di santi e beati che ancora oggi sorreggono e sostengono il cammino dei giovani di Ac. Giovani che hanno saputo fare della propria vita un dono, un Segno per i loro tempi e per tutti i tempi. Giovani che hanno avuto una grande passione per la Chiesa e i suoi pastori, che hanno avuto sempre un legame forte con i loro predecessori”.