La “cittadina”, inaugurata nella primavera del 2018, accoglie 64 persone con Alzheimer. Il progetto ha suscitato grande interesse: fare di tutto per migliorare la qualità della vita di pazienti con demenza
di Roberto
Mauri
Direttore Cooperativa La Meridiana
Non servono solo servizi sanitari efficienti ed efficaci. Serve lottare contro lo stigma della malattia, contro una cultura che emargina la persona malata, che la considera inutile, un peso e un mero costo economico. La Meridiana è nata più di 44 anni fa. Eravamo un gruppo di giovani della parrocchia San Biagio di Monza. Abbiamo iniziato portando la legna da ardere agli anziani poveri. Il voler bene alle persone è tutt’ora la bussola che anima gli operatori di Meridiana nello stare accanto agli anziani. Abbiamo imparato che le persone che vivono fragilità estreme possono dare molto. La nostra sfida è quella di lavorare per cambiar radicalmente la cultura della cura. Non basta dire: la persona al centro. Occorre impegnarsi affinchè tutte le strade siano esplorate per venire incontro alla persona malata e alla sua famiglia. Questo per noi significa fare di tutto per accompagnare la persona con patologie gravi e complesse nel cercare non solo una speranza, ma soprattutto il senso e il significato più profondo della vita. In 44 anni di attività abbiamo creato strutture in grado di offrire una gamma completa di servizi alle persone anziane: Centri diurni, alloggi protetti, Rsa, Rsd a lungodegenza per persone con Sla e in stato vegetativo e infine «Il Paese ritrovato».
L’idea di un Villaggio Alzheimer nasce nell’ambito del Centro geriatrico Rsa San Pietro, una struttura che si trova a Monza, al Rondò dei Pini, in uno stabile dell’Opera diocesana Istituto San Vincenzo, ente con il quale la nostra cooperativa collabora proficuamente dagli inizi del 2000.
Costruito a tempo record (14 mesi) e inaugurato nella primavera del 2018, «Il Paese ritrovato» ospita 64 persone con Alzheimer ed è una vera e propria cittadina con vie, piazze, giardinetti, negozi, il parrucchiere, il teatro, la chiesa, la pro loco, l’orto e gli appartamenti. Un borgo nato per offrire alla persona con demenza la possibilità di muoversi liberamente e in sicurezza. Un villaggio che promuove la socializzazione e contrasta la solitudine. Ogni residente è libero di passeggiare, partecipare alle attività di animazione, oppure fare ginnastica, andare dal parrucchiere, dedicarsi al bricolage, o stare nei propri appartamenti.
Nato per dono
Il borgo sorge a Monza su un un’area di oltre 14 mila mq. Il costo complessivo supera gli 11 milioni di euro. Una buona parte è stata coperta da donazioni operate da famiglie, cittadini, imprese, fondazioni, associazioni. «Il Paese ritrovato» oltre a essere una preziosa risorsa socio sanitaria, è anche un importante esempio di welfare di comunità.
Visite importanti
«Il Paese ritrovato» ha suscitato un grande interesse sia nel mondo scientifico, nazionale e internazionale, sia fra le istituzioni nonché fra l’opinione pubblica. Prima dell’emergenza Covid-19 molte personalità hanno fatto visita al Paese. Fra queste ricordiamo la presidente del Senato, Elisabetta Casellati e l’arcivescovodi Milano, mons. Mario Delpini. Non solo. Delegazioni di centri di ricerca, università, enti di cura e ospedalieri hanno visitato «Il Paese ritrovato» allo scopo di verificare la replicabilità del modello. Inoltre, Rai Premium ha trasmesso un docureality girato nel «Paese».
I primi risultati ante Covid-19
Le prime osservazioni, (prima della pandemia), confermano l’efficacia del modello. Ridotto di molto lo stress e l’uso dei farmaci. Benefici anche per i care giver che vedono ridursi il carico della situazione familiare. I residenti partecipano attivamente alle attività motorie, al bricolage, alla pittura, ai vari laboratori, ma soprattutto amano stare insieme. La preghiera comunitaria, partecipazione alla Messa e al Rosario, è un momento molto sentito dai residenti. Le persone con Alzheimer dimenticano molte cose, ma, e ciò stupisce, non dimenticano l’Ave Maria e il Padre Nostro.
Cosa è successo durante il lockdown
Anche «Il Paese ritrovato» ha dovuto rispettare le regole di lockdown: si sono chiusi i negozi, la chiesa e le funzioni religiose si sono fermate, la vita sociale praticamente azzerata.
Provate a immaginare quello che ha voluto dire per una persona fragile con demenza dovere, da un giorno all’altro, modificare abitudini, stili di vita, interessi, riduzione del proprio spazio di azione. La vita dei residenti durante il lockdown si è spostata nelle abitazioni. Occorre dire che alcune intuizioni avute in fase di progettazione e che fanno di questo luogo uno dei più idonei in Italia per le persone con demenza, hanno avuto conferma nella fase di emergenza. Attualmente siamo impegnati a riattivare, in modo graduale e nel rispetto della normativa, la vita sociale del Paese.
C’è una “grande bellezza” ne «Il Paese ritrovato». Si manifesta attraverso la gentilezza dei residenti e degli operatori del Paese. Certo, oggi le norme che impongono prudenza e un certo distanziamento fisico non sempre sono comprese dalle persone con demenza e dai loro familiari. Ciò malgrado rimaniamo stupiti della capacità di adattamento e dalle risorse che ciascuno di loro è stato in grado di mettere in campo. Uno stupore che per noi genera una grande speranza.