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Rosa Myoen Raja, del monastero zen “Il Cerchio”, spiega i principi della pratica zen e le motivazioni che hanno spinto la comunità a cui appartiene ad aderire al Forum delle Religioni a Milano.

di Stefania Cecchetti

Sono quattro le realtà buddiste presenti a Milano firmatarie dello Statuto che sancisce il Forum delle religioni a Milano. Abbiamo raggiunto Rosa Myoen Raja, del monastero zen “Il Cerchio”, per avere il suo punto di vista sulla firma. E anche per saperne di più della pratica zen. Mi scuso in anticipo, proclamando la mia ignoranza in materia di buddismo e lei mi rassicura: per il buddismo zen professare la propria ignoranza è il primo sintomo di saggezza. Come inizio non c’è male.

Come la comunità buddista vede la firma dello statuto e la propria partecipazione al Forum delle religioni a Milano?
Vorrei precisare che io parlo a nome del monastero zen “Il Cerchio”, che è solo una delle espressioni di pratica dell’area buddista a Milano. Per quanto riguarda la realtà che rappresento, la firma nasce dalla risposta data all’invito ricevuto dalla Chiesa di Milano tramite l’allora arcivescovo Martini, che nel 2000 si premurò di contattare i rappresentanti delle diverse tradizioni religiosi presenti a Milano, attraverso una lettera firmata da don Gianfranco Bottoni, dell’Ufficio per l’ecumenismo e dialogo. Gli incontri, continuati fino ad oggi, hanno portato alla firma dello Statuto, frutto di un lavoro paziente e costante di chiarificazione e elaborazione fra i leader delle principali realtà di fede presenti a Milano.

Firmato lo statuto, quali sono le prossime tappe del dialogo interreligioso a Milano?
Le prossime tappe partono proprio dalla forza di questo convenire, di questa intesa che in questi anni si costruita tra le persone che hanno lavorato insieme. Continueremo a lavorare progettando eventi culturali comuni per promuovere la conoscenza intanto della realtà di questo Forum. Ci rivolgeremo innanzi tutto agli studenti, cioè alle persone che avranno il compito di portare avanti in questa nostra società il valore di queste antiche tradizioni e di costruire una città vivibile e possibile per chi la dovrà abitare.

Come si pone il buddismo in rapporto al dialogo con le altre religioni?
La pratica del buddismo, nello specifico della via dello zen, aiuta ad aprire la mente e il cuore, per cui è sempre disponibile a incontrare e conoscere le altre realtà nella loro diversità, anche collaborando a un lavoro culturale comune.

Quali sono le caratteristiche del buddismo zen e, più in generale, quali sono le altre espressioni dell’area buddista a Milano?
La via dello zen ha una caratteristica di essenzialità, è una forma che si adatta a ogni tipo di cultura nella quale si radica. Si ritrova originariamente in Cina, successivamente anche in Corea e Vietnam, dove ci sono realtà di espressione culturale diversa, ma con un fondamento comune. La pratica del buddismo a Milano è diffusa in diverse realtà: ci sono centri di pratica dell’area tibetana, ci sono centri di pratica di area geografica cingalese, e centri zen che sono per alcuni elementi affini alla la pratica di questo monastero e per altri leggermente diversi.

Lei parla di “pratica” zen. Cosa significa?
Religione è un vocabolo con significati molto particolari, nel nostro caso parliamo di “pratica” perché la via dello zen si pratica in tutti gli istanti del vivere quotidiano. È un impegno che la persona prende con se stessa nella vita e ha una grande concretezza: non è l’occuparsi di chissà quali mondi strani, perdendosi in meditazioni che portano via dall’oggi. È piuttosto una via che ci tiene saldamente ancorati al presente, nella consapevolezza dell’istante, nella consapevolezza del proprio essere uno con tutti gli esseri, all’interno di questo meraviglioso universo nel quale siamo parte. È difficile spiegare così, in due parole…

Certo… Provi però a farmi qualche esempio in cui questa pratica si concretizza…
La pratica dello zen si esplica in ogni forma di vita, dal momento in cui si aprono gli occhi al mattino al rispondere al telefono, dal lavorare al computer al cucinare. Ci si poi alcune attività particolari, che pratichiamo nel nostro monastero, che impegnano la persona con se stessa, nella consapevolezza e nella totalità del proprio essere del momento, perché questa è la sintesi della pratica zen. Per esempio l’arte della calligrafia estremo orientale, nella quale l’interazione con la materia della pietra, dell’acqua e dell’inchiostro e l’espressione del proprio essere del momento ci consente di entrare in una conoscenza più approfondita del proprio sé nell’universo. Oppure la pratica dello zen shiatzu, che è l’apprendimento di tecniche, di per sé molto semplici, che aiutano la persona a lavorare con il proprio essere corpo, mente e spirito, in relazione con l’altro. Un’altra possibilità è il lavoro attoriale nell’actor zen studio: si tratta di un percorso conoscitivo del singolo all’interno di un gruppo, attraverso l’uso di tecniche teatrali. E poi non trascuriamo la vita quotidiana nella sua espressione più semplice: anche pulire il monastero alla fine delle attività è una forme di meditazione.

Cosa ha a che fare tutto questo con il Buddha?
La parola buddha significa “il risvegliato”. Buddha è un essere umano che ha vissuto in modo tale da avere la possibilità di ritornare alla consapevolezza del proprio essere originario, della propria natura originaria, attraverso una serie di scelte di vita e la pratica della meditazione. Per approfondire l’argomento consiglio di leggere un testo, La vita di Siddharta il Buddha (ed. Ubaldini), di Thich Nhat Hanh, un grande maestro ancora vivente di nazionalità vietnamita che in Francia ha un villaggio dove ospita vietnamiti e gente da tutto il mondo. Le cito anche il libro più recente dal maestro Tetsughen, abate del nostro monastero, Semplicemente Zen.

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