Redazione

Il cardinale Dionigi Tettamanzi la sera del 6 dicembre ha celebrato i Vespri nella basilica di S. Ambrogio e ha tenuto il tradizionale discorso alla città davanti a numerose autorità civili, militari e religiose, oltre che a una folla di fedeli.

di Luisa Bove

Per la prima volta dopo tanti anni il tradizionale “discorso alla città” che l’Arcivescovo pronuncia nella vigilia del santo patrono non avviene in un contesto di festa, oserei dire di caos, per le bancarelle degli “oh bej, oh bej” che affollano le vie intorno alla basilica di S. Ambrogio.

Ma c’è un’altra novità, quest’anno il cardinale ha anticipato di un’ora, rispetto alla celebrazione dei Vespri delle 18, l’incontro con le numerose comunità regionali, che si è tenuto nella sala capitolare. Nei costumi tradizionali i diversi rappresentanti hanno sfilato portato i loro doni al cardinal Tettamanzi che si è intrattenuto a lungo con loro.

Nelle prime file della grande basilica, ad ascoltare il discorso c’era, per la prima volta come sindaco di Milano, Letizia Moratti, mentre la Regione Lombardia era rappresentata da Domenico Zambetti, assessore all’artigianato e servizi, e la Provincia dal vicepresidente Alberto Mattioli. Tra gli altri erano presenti anche il prefetto Lombardi, il questore Scarpis, il presidente della Camera di Commercio Carlo Sangalli e il presidente del Tribunale per i minori Livia Pomodoro, oltre che numerose altre autorità civili e militari.

Ha scelto un tema più che mai attuale il Cardinale per il discorso di quest’anno puntando l’attenzione sulla situazione delle periferie, spesso segnate dal degrado e dalla violenza. Per l’Arcivescovo «se la città ha un cuore e un’dentità non ci sono più “periferie”». È convinto infatti che la «marginalità» e la «distanza» possano essere superate se si lavora tutti per mantenere viva quest’anima.

Non dimentica i recenti episodi di «bullismo» delle ultime settimane, ma ammette pure «che sono stati fatti non pochi sforzi dalle istituzioni, dalle aggregazioni sociali, dalle comunità parrocchialie dalle varie realtà di Chiesa». E tuttavia l’Arcivescovo chiede «un “di più”».

Tra le persone più a rischio nell’attuale contesto sociale ci sono ancora una volta gli extracomunitari, che «troppo spesso sono costretti ad “accontentarsi”», senza neppure risolvere i problemi che li hanno costretti a fuggire dai loro Paesi di origine.

Nei giorni che precedono il Natale, Tettamanzi decide di spendere una parola anche sul «consumismo», fatto di un «frenetico correre tra il lavoro e gli acquisti», ma lo shopping dà solo «una gioia fugace». Per il Pastore della Chiesa ambrosiana occorre invece «custodire la dimensione dell’interiorità» perché questa porta a capire chi siamo e a trovare Dio, «se lo vogliamo». Ed è appunto l’interiorità a restituire l’anima alla città, fino a costruire «il futuro dell’Occidente europeo».

Non solo. Se si vuole uscire da «uno schema di contrapposizione di identità, di culture, di religioni» evitando ogni ghettizzazione, bisogna «aprirsi alla reciproca stima e conoscenza». Per l’Arcivescovo c’è un impegno che riguarda tutti ed è quello di «creare relazioni di prossimità», solo così sarà possibili fare di Milano «una comunità».

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