Monsignor Citterio nel ricordo di chi l’ha conosciuto in oratorio e che è stato da lui accompagnato nel cammino della vita. Era attento all’educazione e capace di valorizzare i laici, con quel nomignolo curioso e affettuoso che ne rifletteva l’umanità e l’affabilità
di Gianni
BORSA
Monsignor Giampaolo Citterio era, per gli amici, semplicemente “il dGP”. Per me è il prete incontrato trent’anni fa – lui neo-parroco a San Domenico in Legnano, io giovane dell’oratorio – che, progressivamente, ha accompagnato, e anche segnato, il cammino della vita.
Personalmente ho avuto la fortuna di stare accanto a tanti preti “specchio” del Vangelo, e ancora oggi mi guardo attorno e ne vedo molti. Don Giampaolo è stato – e resterà – tra questi. Quel prete che ti fa crescere, che ti accompagna nel cammino di preparazione al matrimonio, che celebra le tue nozze e battezza i tuoi figli. Che ti chiama a qualche servizio ecclesiale insistendo sulla preparazione esigente, sulla costanza, sulla creatività. Dunque dGP parroco, decano, vicario episcopale, col quale si prega, si collabora, si sogna una Chiesa sorridente e aperta, lieta e leggera.
Ad altri il compito di delinearne il profilo pastorale. Io vorrei solo, sommessamente, sottolinearne anzitutto l’affabilità, l’umanità debordante, la serenità che don Giampaolo sapeva trasmettere senza tentennamenti. Sapeva creare legami duraturi e solidi con le persone, perché è anzitutto dalle relazioni e dalla testimonianza personale che passa la credibilità e la “novità” della fede cristiana.
Era – inoltre – un prete della Parola (“martiniano”, potremmo dire). Un parroco che aiuta la comunità a misurarsi con le Sacre Scritture e a modellarsi, pur tra le difficoltà e le incoerenze umane, sul Verbo di Dio che illumina la strada. Attorno al messaggio evangelico si costruisce la comunità; e a partire da esso la fede entra nella vita di ogni giorno, richiedendo testimonianze credibili, capacità di dialogo con il mondo, attenzione prioritaria ai fratelli in difficoltà, siano essi i poveri del quartiere, gli anziani soli, gli ammalati, gli stranieri. Quanti richiami di don Giampaolo su questa linea!
Da prete ambrosiano, dGP aveva altre due caratteristiche che probabilmente lo avevano fatto apprezzare dagli Arcivescovi milanesi, che gli hanno affidato incarichi importanti. La prima era l’attenzione educativa: lo sguardo rivolto a tutto campo, dai ragazzini agli adulti, perché – era sua convinzione – si cresce ogni giorno, senza sosta, e ci si educa a vicenda con virtuosi legami intergenerazionali. La seconda caratteristica era la capacità di valorizzare i laici nella Chiesa – nel senso della corresponsabilità – e, al contempo, il costante invito “conciliare” a mettere in gioco la fede nella famiglia, nel lavoro, nella vita sociale e politica.
Monsignor Citterio era, come direbbe papa Francesco, un prete «con l’odore delle pecore». Solido nella dottrina, misurato nei giudizi, prodigo di incoraggiamenti. Aveva il gusto delle cose belle, eppure viveva di una essenzialità esemplare.
Fra i tanti ricordi, resta soprattutto il suo sorriso, incorniciato fra gli occhi azzurri e trasparenti, il sopracciglio alzato, l’autoironia profusa a piene mani. Abbiamo imparato a cogliere, in questi suoi tratti, il volto di un Dio gioioso e misericordioso, che ora lo accoglie come figlio amato e di cui essere contento e fiero.