I sei giovani impegnati nel cammino di quest’anno stanno vivendo un’esperienza di convivenza nella Casa di Zaccheo, nel contesto della celebrazione delle promesse di povertà, obbedienza e castità svoltasi il 13 maggio in Duomo
di Marta
Valagussa
Da tre settimane la Casa di Zaccheo è abitata dai “cenacolini”, i giovani che stanno percorrendo il cammino del Cenacolo. Il percorso di discernimento del Cenacolo infatti prevede che nel mese di maggio si svolga la celebrazione delle promesse di povertà, obbedienza e castità, pronunciate dai giovani davanti al Vescovo. Da qui l’idea di prepararsi a questo momento – che ha avuto luogo in Duomo domenica 13 maggio, alla presenza del cardinale Francesco Coccopalmerio – con una convivenza vera e propria. La scelta non poteva che ricadere sulla Casa di Zaccheo, il luogo dove i giovani di Azione Cattolica vivono la condivisione della quotidianità a turni, ormai da più di quindici anni.
Sono sei i giovani che quest’anno hanno vissuto il percorso del Cenacolo, un’occasione per rispondere positivamente alla sollecitazione del Vescovo Mario, che nella sua lettera pastorale invitava soprattutto i giovani al discernimento. In vista del Sinodo dei Vescovi sui giovani, che si svolgerà in ottobre, quale percorso migliore del Cenacolo può contribuire alla riflessione sul discernimento nel mondo giovanile?
Tra i soci di Azione Cattolica che hanno frequentato il Cenacolo quest’anno c’è Ilaria Ravasi, 22 anni, che ha iniziato il cammino proprio a settembre: «Il Cenacolo è un trampolino di lancio, un respiro profondo. È la possibilità di fermarsi per riflettere, per incontrare testimoni che si raccontano, a partire dal Vangelo. È un cammino che, passo dopo passo, vuole educare all’amore». Giulia Santagata invece ha 28 anni e conclude ora il suo percorso nel Cenacolo, dopo cinque anni di discernimento: «Pensando al mio percorso, mi sono lasciata solleticare il cuore da queste tre parole: “cammino”, “casa”, “cenacolo”… Sarà un caso, ma iniziano tutte e tre con la lettera C, che fin da quando ero piccola è stata per me la lettera capace di disegnare un abbraccio, in attesa di essere completato. Sì, perché questo mese in Casa Zaccheo insieme ai miei fratelli e alle mie sorelle del Cenacolo è per me quell’abbraccio dolce e leggero che completa un tempo lungo, in cui ho aderito con gioia alla proposta del Cenacolo e che mi rilancia dentro alla vita e dentro alle scelte che sono chiamata a compiere».
Michele Tettamanzi, che ha vissuto la celebrazione delle promesse lo scorso week-end con i suoi compagni, spiega così il significato di quel momento: «Promettere significa mettersi davanti a Dio, con i propri limiti, con le proprie paure, con le proprie gioie. Promettere è consegnarsi a Dio, che è il primo a “promettere” su ognuno di noi. Ecco perché ogni sei mesi mi impegno davanti a Dio e alla Chiesa (nella forma del rappresentante del Vescovo). È una sfida così bella e così grande! È una grazia anche poter condividere questo con i fratelli e le sorelle del Cenacolo, con i quali in questo mese ho vissuto l’esperienza di casa Zaccheo: un mese per imparare a dividere con gli altri la propria vita: perché chi divide moltiplica».