Il cardinale Renato Corti ha presieduto in Duomo il Pontificale nella Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, concelebrato dall’Arcivescovo. Particolarmente sentito il ringraziamento venuto dal cardinale Scola che ha detto: «Papa Francesco, eleggendoti Cardinale, ha riconosciuto il tuo volto benefico per la Chiesa tutta»
di Annamaria BRACCINI
«Vi chiedo di pregare per me». È questa la richiesta che il cardinale Renato Corti, elevato alla Porpora il 19 novembre scorso, rivolge ai tanti fedeli che partecipano al Pontificale dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria da lui presieduto in Duomo. Per la Solennità, in altare maggiore della Cattedrale, sono due i Cardinali – l’Arcivescovo concelebra –, sei i Vescovi, molti i sacerdoti tra cui il Capitolo Metropolitano. Il ringraziamento del cardinale Corti, all’inizio della sua omelia, è per il cardinale Scola: poi, appunto, quella che definisce una «richiesta»
«Vi domando di implorare per me, dallo Spirito santo, il dono del consiglio e di invocare Maria perché sia per me “Mater boni consilii”. Entrando per volontà del Papa nel Collegio cardinalizio, mi pare di essere chiamato a seguire attentamente il cammino della Chiesa presente nel mondo a tutte le latitudini, immersa nella vita del popolo, e a esprimere qualche saggio consiglio sui suoi passi perché siano una genuina traduzione del Vangelo nell’oggi, rendendola luce del mondo e sale della terra. Mi chiedo se sarò capace di svolgere tale compito e, certo, dovrò mettere in conto, giorno per giorno, un serio lavoro di discernimento».
Servizio, questo, al quale – chiarisce Corti – è chiamato «ogni Vescovo. All’indomani della Solennità di Sant’Ambrogio, dico il mio grazie sincero per il bellissimo “Discorso alla Città” dedicato a “Milano e il futuro dell’Europa”. In esso l’Arcivescovo ci ricorda che i cristiani sono chiamarti ad annunciare e a vivere i Misteri della fede cristiana quale principale contributo a una società plurale dal volto umano. Il “Discorso” può ben dirsi un importante esercizio di discernimento a cui tutti, sacerdoti e laici, siamo chiamati nella responsabilità professionale e sociale».
L’auspicio è di essere cristiani «disposti a collaborare secondo la logica della testimonianza che non esclude il martirio».
«Un costruttivo discernimento cristiano è cosa delicata e complessa, richiede ascolto, spazio per i problemi, preghiera, meditazione delle Sacre Scritture, frequentazione della scuola dei Santi, grande amore alla Chiesa e alla parrresia, che è da intendere come franchezza e disponibilità a correre qualche rischio a causa del Signore», sottolinea il Vescovo emerito di Novara, tornato a risiedere in Diocesi nel 2011.
Poi, la riflessione sul brano della Lettera agli Efesini appena proclamata nella Liturgia della Parola, in cui san Paolo indica il progetto di Dio sull’uomo che egli ha creato, «intendendo fare della creatura umana un suo figlio e attendendo che la nostra libertà divenga il luogo nel quale decidiamo di vivere per conoscere, amare e servire Dio. Per questo il Verbo di Dio si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi».
Se Paolo dice che “siamo benedetti, ricordati da Dio, accompagnati da Lui per essere santi e immacolati al suo cospetto, predestinati a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo”: «dobbiamo badare a questo e qui sta il fondamento della nostra speranza».
Il pensiero è a Maria nella quale «l’amore di Dio e quello della creatura umana si sono incontrati pienamente per cui ella è diventata l’immagine perfetta di ciò a cui mi tutti siamo chiamati. Come ha scritto papa Giovanni Paolo II, Maria è colei che, predestinata a essere madre del Verbo, è vissuta continuamente e totalmente e nella sfera della Grazia divina. È stata specchio e trasparenza della vita di Dio stesso. Maria allude alla dimensione interiore della Chiesa».
Per questo motivo, spiega il Cardinale, è giusto che la Chiesa abbia la premura di caratterizzare il suo cammino coltivando un profilo mariano «che èaltrettanto fondamentale e caratterizzante, se non di più, del profilo apostolico e petrino, al quale è profondamente unito. Il compito di Pietro è quello di aiutare ogni cristiano a essere simile a Maria».
Da qui la sintesi dell’omelia con un’espressione di santa Elisabetta della Trinità recentemente canonizzata che, nel Diario del suo ultimo ritiro spirituale compiuto nella Festa dell’Assunzione di Maria del 1906, scriveva. “Desidero che tutta la mia vita divenga gloria e lode al Signore in ogni circostanza, facile o difficile che sia”. «Vogliamo dirlo anche noi?».
E al termine del Pontificale, è il cardinale Scola a prendere brevemente la parola, ripercorrendo le tappe più importanti della vita e del Ministero del neo Porporato, nato a Galbiate nel 1936, prete ambrosiano dal 1959padre Spirituale nel Seminario di Gorla e rettore a Saronno, vicario generale del cardinale Martini, vescovo da 35 anni, dal 1990 al 2011 alla guida della Diocesi di Novara.
«La tua nomina a Cardinale di Santa Romana Chiesa, come ogni missione ecclesiale, rende ancora più vivido in noi il volto della tua persona. La modalità con la quale, da sempre, vivi la tua esistenza di offerta a Dio è sotto gli occhi di noi tutti. San Giovanni Paolo II e papa Francesco lo hanno visto molto bene, quando ti hanno chiamato, il primo, a predicare gli Esercizi alla Curia romana nel 2005 e il secondo affidandoti le Meditazioni per la Via Crucis del 2015 al Colosseo. Il tuo ritorno a casa ci concede di godere della tua predicazione, del tuo stile di preghiera e di vita, del tuo consiglio spirituale. Da Milano i tuoi pensieri si sono irradiati in molte Chiese italiane e nella Chiesa universale. Papa Francesco, eleggendoti Cardinale, ha riconosciuto questo tuo volto benefico per la Chiesa tutta», conclude l’Arcivescovo, prima dell’applauso dei fedeli.