Redazione
Si è tenuta martedì 27 febbraio la prima catechesi quaresimale dell’Arcivescovo dal titolo “Parola, parole e famiglia”. Il ciclo di quest’anno è dedicato al tema della famiglia.
di Luisa Bove
«Questa catechesi quaresimale l’avete già fatta voi», dice il cardinal Tettamanzi rivolgendosi alle famiglie riunite a casa sua per l’appuntamento del martedì. «Voglio mettere un po’ di ordine a quello che avete già detto confrontandoci con la Parola di Dio». Il dialogo è fatto di “ascolto” e di “parola”, ma «l’uomo ha due orecchie e una bocca», quindi «il tempo da noi impegnato nell’ascolto deve essere il doppio di quello dedicato a parola».
L’ascolto può sembrare qualcosa di passivo, «invece è attivo e, come ha detto uno di voi, Paolo: “Ascoltare significa mettersi a disposizione dell’altro”». È un aspetto prezioso che cresce nel cuore. Anche Maria, ricorda il cardinal Tettamanzi, «meditava tutte le parole di Gesù e gli episodi che lo riguardavano per riuscire a comprenderli in tutto il loro significato».
Tuttavia ci sono «condizioni esterne che rendono faticoso il nostro dialogo» ma, raccomanda l’Arcivescovo, «in famiglia non deve mai interrompersi». E invita ad avere «tanta umiltà, tanta saggezza e una buona dose di coraggio per imparare ad apprendere l’arte del dialogo, dell’ascolto silenzioso, della parola giusta».
«Ma c’è un’altra cosa che ho imparato da voi», dice il Cardinale, «è il piccolo Vangelo che come coppie e come famiglie scrivete dentro le vostre case». C’è sempre una “buona notizia” da comunicare, nonostante «la difficoltà, la fatica, la prova, la sofferenza», ma occorre «purificare il nostro amore e renderlo più autentico».
Quindi il microfono passa a Marta che legge alcuni versetti del Vangelo di Marco (10,13-16) dedicato proprio ai piccoli, poi alcuni genitori commentano il breve testo. «Se ci lasciamo portare a Gesù dai bambini scopriamo un altro modo di incontrarlo», riconosce Sara, «la dedizione, il sacrificio, la pazienza e la gioia della semplicità sono un altro modo di andare a Cristo».
«I nostri figli sono un dono di Dio per la nostra famiglia e, dal momento in cui abbiamo saputo che stavano per nascere, li abbiamo accettati e accolti come è scritto in questo brano di Vangelo». E aggiunge la moglie Gabriella: «A volte si pensa a chissà quali mezzi per comunicare con i figli, invece il modo migliore è la semplicità ed essere se stessi».
Quando sono nati Davide e Angelica «è stata la gioia più grande», dice Sabrina. In famiglia ci sono stati anche cambiamenti. «Io ho dovuto lasciare il lavoro e abbiamo imparato a vivere con meno, a rallentare molto i ritmi, ad ascoltare le esigenze. E questo ci ha avvicinato di più». Esperienze toccanti, che fanno riflettere e percepire la profondità e capacità di “giocarsi” anche in situazioni difficili. Il Vangelo della famiglia però non basta, «bisogna approdare al grande Vangelo di Gesù», ammette il cardinal Tettamanzi. «Anche Gesù infatti era inserito in una famiglia e nella sua missione incontrava la gente: nella sinagoga, sulle strade, nelle singole case…».
Mentre l’Arcivescovo parla alle coppie radunate in casa sua (e a tutti i telespettatori e ascoltatori alla radio), i bimbi giocherellano e chiacchierano, mentre i più grandi seguono attenti e un po’ timorosi ciò che avviene intorno a loro. «Ascoltate i vostri figlioli», dice Tettamanzi, «anche se c’è qualche bambino che parla troppo, invece qualcun altro è più timido e non si esprime». Quindi invita i genitori ad avere «pazienza», ma anche a sollecitare chi fatica a dialogare.
E continua: «Occorre saper ascoltare i figli, perché anche loro hanno un Vangelo da comunicare». Poi invita tutti ad ascoltare la Parola di Dio, che «è efficace e realizza il miracolo della guarigione del corpo, certe volte, ma sempre la guarigione del cuore», assicura l’Arcivescovo, «dà la consolazione, la serenità, la speranza, il coraggio di cui abbiamo bisogno».
«A voi che siete in casa mia e a tutte le coppie che ci ascoltano», il Cardinale dà una «consegna», quella di leggere e meditare durante la settimana alcuni versetti che l’apostolo Paolo ha rivolto ai Colossesi (3,16-25) e che potrebbero diventare anche «oggetto di dialogo in famiglia».