L’Arcivescovo ha presieduto in Duomo il Pontificale nella solennità dell’Epifania. Forte il suo richiamo alla necessità di impegnarsi in politica e nella società per il bene comune. Annunciata anche la data della Pasqua 2022, che sarà il 17 aprile

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di Annamaria Braccini

Epifania 2022 (6)

I cristiani che non sono esonerati dall’impegno politico, che devono decidere, pensare, fare discernimento; che non sono autorizzati all’indifferenza.

È un monito a non tirarsi mai indietro, a impegnarsi «nel nome di una libertà che non si piega al potere», quello che l’Arcivescovo rivolge, nel Pontificale da lui presieduto in Duomo nell’Epifania del Signore, ai molti fedeli presenti e, idealmente, a tutti coloro che «continuano a cercare la luce, ad adorare il bambino». Quel piccolo simboleggiato, in altare maggiore, dalla statua lignea del Dio che si fa uomo, in una festa liturgica la cui solennità è sottolineata dalla concelebrazione dei Canonici del capitolo metropolitano con l’arciprete, monsignor Gianantonio Borgonovo – presente anche il presidente della Veneranda Fabbrica del Duomo, Fedele Confalonieri, e altre autorità – e dalle esecuzioni della Cappella musicale della Cattedrale arricchite dalle sonorità dell’ensemble di orchestrali professionisti sia ambrosiani che provenienti da Roma.

L’omelia

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Dopo la proclamazione del Vangelo, nella pagina di Matteo con la venuta dei Magi, e del tradizionale l’annuncio della Pasqua che verrà celebrata, quest’anno, il 17 aprile prossimo, l’omelia del vescovo Mario si fa richiamo e, insieme, precisa indicazione per il presente, nel riferimento alle Letture appena proclamate. A partire dalla lettera paolina a Tito, con la raccomandazione per i cristiani “di essere sottomessi alle autorità che governano e di obbedire”, inserendosi, quindi, «nel sistema come buoni cittadini, contribuendo a costruire un contesto sociale riconciliato e la serenità della società», fino al Vangelo. Laddove, invece, a causa dei Magi, Erode è turbato, sospettoso, ordisce una persecuzione violenta, sanguinaria, spietata. Il confronto con il potere è, così, uno scontro e il comportamento raccomandato è la trasgressione».

Il dilemma dei cristiani di fronte al potere

Evidente quello che l’Arcivescovo definisce il dilemma su «come devono comportarsi coloro che hanno visto la luce, che hanno adorato il mistero di Dio che si è rivelato in Gesù. Come buoni cittadini, miti e sottomessi, integrati nel sistema o come ribelli, che trasgrediscono gli ordini del re?».

Un dilemma che ha percorso i secoli, «ha segnato la storia della Chiesa e anche diviso i credenti in fazioni opposte, in partiti che si sono confrontati con asprezza».

Dunque, che fare di fronte a una complessità che non ammette facili ricette risolutive?

Anzitutto, scandisce il Vescovo, avendo ben chiara la consapevolezza che «i cristiani non sono esonerati da responsabilità pubbliche e da scelte politiche. I discepoli di Gesù non sono gente che vive fuori dalla storia, che coltivano una religione fatta di devozioni che non incidono nelle scelte pratiche».

Essere presenza significativa nella politica e nella società

E, anche se è evidente oggi la disaffezione e la sfiducia verso la politica, essere bravi fedeli operando solo forme di carità e solidarietà, seppure fondamentali, non basta, perché non si può “chiamarsi fuori” e «non siamo autorizzati all’indifferenza: non perché abbiamo qualche cosa da rivendicare, dei privilegi da difendere come talora si dice, ma perché ci sta a cuore il bene comune. Neppure si può immaginare che le scelte politiche siano dedotte dai principi e che tocchi ai vescovi dire che cosa si deve fare. È necessario, è urgente che ci siano persone pensose e volonterose per essere presenze significative nella società e nella politica. Intorno al bambino che è nato si sono raccolti poveri pastori e magi sapienti. Gente semplice e intellettuali esperti sono chiamati a convenire e a ricavare dal bambino la luce per illuminare ogni aspetto della vita umana: il lavoro, la cultura, la vita personale e sociale».

Insomma, il criterio di giudizio deve essere sempre quello della promozione del bene comune e della giustizia, anche (mai forse come oggi) laddove ciò può essere pericoloso per cristiani «che resistono al tiranno e trasgrediscono l’imposizione del potere autoritario»

«La storia di infinite persecuzioni e di innumerevoli sofferenze, subite dai cristiani nei secoli passati e oggi forse anche più numerose e crudeli, è la storia di questa libertà che non si piega al potere utilizzato per imporre una parte su un’altra, un interesse particolare a dispetto della vita, della dignità, della libertà delle persone».

Così – conclude l’Arcivescovo – sono i cristiani: «così dobbiamo essere pronti per ogni opera buona, avendo a cuore non solo la gioia che i Magi hanno sperimentato, che Maria ha custodito nel suo cuore, ma continuando a cercare la luce, il bene di tutti, con la responsabilità di adorare il bambino e nessun altro».

Pensieri – questi – ribaditi al termine del Pontificale, nel richiamo alle festività – il 7 gennaio le comunità orientali ortodosse celebrano il Natale e l’Arcivescovo si farà presente tra loro – e alla situazione odierna. «Considerato il gran numero di coloro che sono contagiati o che, per cautela, hanno celebrato questi giorni in modo un poco dimesso, desidero invocare la benedizione, perché la gioia della manifestazione del Signore possa accompagnarci e sostenere soprattutto i malati e i sanitari che si dedicano loro con grande sacrificio. Che l’incontro con il Signore ci renda cittadini di questo tempo, ci convinca a quei comportamenti ragionevoli a quelle attenzioni che possono contenere il diffondersi del virus, preparando un contesto in cui la nostra vita sociale, le attività e gli impegni si possano svolgere con intensità e serenità».

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