Dopo un passato da Testimone di Geova Muriel Maddalena Volpi, 36enne varesina, ha abbracciato il cristianesimo. Ha svolto il cammino di catecumenato e a Pasqua riceve il battesimo: «Ho come formato un puzzle che alla fine mi ha aperto gli occhi»
di Francesca LOZITO
Vive con serenità e gioia, Muriel Maddalena Volpi, il tempo di attesa del battesimo che riceverà la notte di Pasqua. «Sto vivendo un’emozione dietro l’altra – ammette -. Tutte le persone della parrocchia mi sono accanto, sanno che ho fatto questo cammino: sono davvero piena di gioia…».
Muriel vive a Varese: 36 anni, tre lavori e un’attività di volontariato. Il battesimo lo riceverà nella sua parrocchia, San Carlo. Una donna ricca di passione e di dedizione per gli altri: «Sì, assisto i malati terminali, faccio parte di “Sulle ali”, un’associazione di volontari che presta servizio nella struttura dell’hospice di Varese», spiega. E non si sottrae dal raccontare la propria storia di vita, e il cammino di conversione che l’ha portata fin qui, a un passo dal ricevere il battesimo.
«Sono cresciuta in una famiglia di Testimoni di Geova, ma sentivo che non era quello che cercavo – ricorda -. Così a 23 anni mi sono allontanata da quel mondo e per un lungo periodo sono rimasta senza un’identità spirituale». Muriel non si è avvicinata subito alla religione cattolica: «Entravo in chiesa, ma all’inizio non riuscivo a starci…».
Poi, però, la necessità di senso che aveva dentro l’ha portata ad avvicinarsi al cristianesimo: «Avevo ben chiaro che cosa stavo cercando: un Dio di amore, quello volevo trovare. Per troppo tempo avevo vissuto la religione come un insieme di imposizioni e doveri. Era un modo triste di vivere. Ma io sapevo, “sentivo” che non era così». Fondamentale, a questo punto, l’incontro con una persona che le ha fatto capire come il suo posto, quello che stava cercando, era lì, era nell’incontro con il Signore: «Da due anni ho iniziato il cammino di catecumena, seguita da un prete, da una catechista e dalla madrina. A un certo punto per me è stato naturale chiedere il battesimo».
Ha vissuto davvero in pienezza questi ultimi anni, Muriel. Li descrive cosi: «Per me sono stati come un puzzle che andava formandosi. Il cammino di catecumenato che ho fatto ha avuto un impatto fortissimo sulla mia vita: mi ha aperto gli occhi su tutto». Il centro di questa conversione, ovviamente, è stata la preghiera: «Questa strada percorsa mi ha permesso di aprire il cuore. Sentire Dio, pregare e sapere che Dio, c’è mi ha fatto sentire viva in mezzo al mondo». Una vita che rinasce, dunque. «Sì, la riscoperta di una nuova vita – ammette Muriel -. Ho toccato con mano l’amore di Dio. Ora so che c’è e che basta allungargli la mano perché lui la prenda».
Determinante il contributo di vicinanza, sostegno e amicizia di tutta la comunità che si stringerà attorno a lei la notte di Pasqua: «Vivo questa attesa davvero con il cuore in mano – prosegue -. Alla mia età vivere l’esperienza del battesimo è sapere quello che stai facendo. Lo senti, lo vivi, lo assapori. La conversione non è un cammino semplice. È un cambio di vita e va vissuto tutto, come una partenza per una seconda vita. Si può ricominciare sempre, però, non c’è limite. Si può ricominciare anche a 60 anni». E infine Muriel lancia un invito: «Anche chi viene battezzato da piccolo forse dovrebbe trovare occasioni per rinnovare il sacramento».