Il direttore della Fom sottolinea lo stile che accompagna l’apertura dell’anno oratoriano, caratterizzato dallo slogan «A occhi aperti» e che rilancia il progetto educativo legato al percorso «Oratorio 2020»
di Luisa
BOVE
La Festa di apertura degli oratori di domenica 27 settembre è l’occasione per riconvocare i ragazzi dopo tanta dispersione a causa del lockdown e del rischio diffusione da Covid-19. Si tornerà in sicurezza, assicura don Stefano Guidi, direttore della Fom e responsabile del Servizio per l’oratorio e lo sport della Diocesi di Milano.
Con quale spirito inizia questo anno oratoriano così particolare?
Col desiderio di ritrovare i ragazzi e riprendere con loro un cammino che possa essere realmente tale: accompagnarli nella crescita della fede attraverso tutte quelle iniziative e soprattutto quel vissuto di comunità che è tipico dell’oratorio. Abbiamo già sperimentato come questo sia possibile in condizioni nuove durante l’esperienza estiva di “Summerlife”: è stato uno scatto di coraggio da parte degli oratori della Diocesi trovando la modalità per riaprire quando ancora tutti i luoghi di socializzazione dei ragazzi erano chiusi. Ora siamo pronti, non tanto a riaprire perché formalmente l’oratorio è già aperto, ma a riprendere il vissuto quotidiano, feriale e festivo.
Si tornerà a incontrarsi in sicurezza. Con quali modalità?
Applicando le regole di base che ormai conosciamo molto bene: la mascherina, il distanziamento fisico, l’attenzione a non creare assembramenti e registrando le presenze, per essere in grado di identificare le persone coinvolte se dovesse esserci una situazione di emergenza. L’oratorio assume senso di responsabilità, da una parte nei confronti della società in cui viviamo, dall’altra nei confronti dei genitori sensibilizzando anche a vivere queste norme. Si tratta di procedure molto semplici che ci consentono di riprendere le attività con una certa serenità.
Per il cammino dei ragazzi avete scelto lo slogan “A occhi aperti”. Qual è il significato sotteso?
“A occhi aperti” richiama il tema dell’anno pastorale che l’Arcivescovo ci ha proposto nel testo “Infonda Dio sapienza nel cuore”. Noi abbiamo suggerito agli oratori di lavorare sull’icona biblica, molto cara a tutti, del racconto dei discepoli di Emmaus. Il percorso che vorremmo fare insieme ai nostri ragazzi e adolescenti è proprio questo, l’Arcivescovo lo dice in modo molto efficace: passare da una lettura superficiale, di chi si ferma alla cronaca o alle emozioni che i fatti suscitano, a una lettura sapienziale, che è quella che fa nascere lo stupore del cuore. Vogliamo accompagnare i ragazzi a crescere nello stupore della vita, stupore che ritroviamo quando ci accorgiamo che Gesù risorto è accanto a noi, soprattutto in questo tempo di prova e difficoltà in cui è facile lasciarsi prendere dallo scoraggiamento.
In ogni cammino di fede non può mancare la Messa domenicale e i sacramenti, anche questi dovranno essere recuperati…
Assolutamente sì. Infatti il racconto di Emmaus culmina nell’incontro dei due discepoli con Gesù allo spezzare del pane. Il cuore della vita dell’oratorio è l’incontro con il Signore, ora dobbiamo aiutare i ragazzi a recuperare la dimensione della fede e quindi la partecipazione alla Messa e ai sacramenti. Pensiamo anche al grande impegno delle parrocchie in questo periodo autunnale, in cui dovranno recuperare la celebrazione dei sacramenti della Prima Comunione e della Cresima rinviati a causa della pandemia. Chiediamo che questa attenzione non si riduca all’aspetto organizzativo, ma diventi occasione per i ragazzi di ritrovare il gusto e la gioia di celebrare insieme.
Il 10 ottobre sarà beatificato Carlo Acutis, il ragazzo morto di leucemia a 15 anni. È un bel modello di santità che l’arcivescovo Delpini suggerisce nel suo Messaggio agli oratori…
Sappiamo che l’Arcivescovo è molto attento alla dimensione vocazionale della vita e ha colto l’occasione per ricordare che l’oratorio aiuta ogni ragazzo e ogni giovane a scoprire la propria vocazione. Carlo Acutis l’ha detto in modo molto efficace: «Tutti nasciamo originali, ma c’è il rischio che tanti muoiano come fotocopie». L’arcivescovo chiede agli oratori di essere luoghi in cui si esalta l’originalità e si aiuta a esprimere la personalità originale di ciascuno.
Il percorso “Oratorio 2020” che cos’è e come riprenderà?
È un tempo di discernimento e riflessione che ha coinvolto tantissimo gli oratori della nostra Diocesi. Non dimentichiamo la Messa in Duomo il 31 gennaio scorso con oltre 6 mila persone presenti appartenenti a centinaia di parrocchie. Noi pensiamo che questo sia un tempo favorevole da cogliere, perché stiamo vivendo una situazione inedita che ci chiede di cambiare. Quello che chiediamo agli oratori è di lavorare in questi mesi per rinnovare il progetto educativo, lavoro già iniziato ma interrotto a causa il lockdown. Siamo alle battute conclusive e a febbraio 2021, durante l’Assemblea della Fom, l’Arcivescovo consegnerà agli oratori una parola di futuro per riprendere il cammino.