Il direttore della Fom in occasione della Festa d’apertura: «È l’esperienza che tutti possono vivere nella preghiera»

di Claudio URBANO

don stefano guidi
Don Stefano Guidi

Stare con Gesù, stare con gli altri, mettendo al centro la preghiera. Sarà questo lo stile dell’anno oratoriano che si apre domenica 25 settembre (leggi qui). «Vogliamo portare il più vicino possibile alla vita dei ragazzi la proposta che l’Arcivescovo indica per tutta la diocesi», sottolinea don Stefano Guidi, direttore della Fom. Anche i ragazzi, dunque, raccoglieranno l’esortazione che monsignor Delpini fa risuonare nella sua Proposta pastorale (vedi qui lo speciale), dove con insistenza ricorda che «abbiamo bisogno di pregare».

Un invito che non va frainteso, avverte don Guidi, riducendo la preghiera a un’altra cosa “da fare”. Né si tratta, solamente, di ripartire dall’essenziale, in un tempo in cui le sfide e i problemi sembrano molto più grandi che in passato. Dunque, «non diremo ai ragazzi che per crescere sani e forti bisogna pregare tanto». L’orizzonte è più ampio, più profondo: «Quello che possiamo offrire, come Chiesa, è l’esperienza viva di Gesù, che tutti possono vivere nella preghiera. Vogliamo dunque sostare, cioè vogliamo porci in un atteggiamento di desiderio e di attesa, per imparare da Gesù l’esperienza della preghiera. Sapendo che per Gesù pregare era fare esperienza viva di Dio, era l’incontro vivo con il Padre. Possiamo paragonarci ai discepoli, che chiedevano a Gesù: “Insegnaci a pregare”. Ma come i discepoli non avevano bisogno tanto di imparare preghiere nuove, così anche noi iniziamo quest’anno non con l’intenzione di imparare le preghiere, o di imparare qualche modo estroso per pregare. Ci interessa piuttosto vivere l’esperienza dell’incontro con il Dio vivo. È quest’esperienza che noi cristiani, guardando all’esempio di Gesù, chiamiamo preghiera».

Come sarà dunque quest’anno, per i ragazzi? Don Guidi prende spunto dallo slogan, «Sostare con Te» (leggi qui): «Non è un invito a fermarsi in oratorio per staccare la spina. Pensiamo piuttosto agli incontri belli della nostra vita, quelli di cui sentiamo il bisogno, con le persone che ci trasmettono energia, positività. In questi momenti non desideriamo dimenticarci del resto, ma godiamo di ciò che stiamo vivendo. Sostare, dunque, significa tutto questo». E ancora: «Questo verbo, sostare, ci ricorda che l’oratorio non è un gruppo esclusivo, così come la preghiera non è un’esperienza da vivere in modo individualistico. Piuttosto, siamo invitati a guardare alle infinite situazioni della vita in cui quel “con Te” prende forma. L’incontro con Dio nella preghiera dispone il nostro cuore ad accogliere tutti, ci permette di incontrare veramente tutti».

Con questo sguardo di apertura, don Guidi esprime un auspicio, pensando alle tante esperienze che si intrecceranno negli oratori, dai più piccoli fino agli adulti: «Spesso si arriva in oratorio spinti da un bisogno, e forse sempre meno da una motivazione. Il mio desiderio è che qui si possa scoprire qualcosa di più: un’amicizia, una gioia, qualcosa di sé che non si conosce. Mi auguro che tutti possano scoprire molto di più di quello che cercano».

 

Leggi anche:

All’oratorio per sostare con Gesù

Ti potrebbero interessare anche: