Presentato il Rapporto sulla povertà in Diocesi: ultra 50enni e giovani i più esposti. In un anno aumentano del 21% i senza tetto. Quasi 4 assistiti su 10 sono italiani. Cresce il problema abitativo: un giovane su 5 non riesce a pagare le spese della casa. «Intervenire su reddito e abitazione»

povertà

Aumentano in misura considerevole i gravi emarginati. Tra gli assistiti da Caritas gli italiani mostrano il disagio più acuto e la minore capacità di resilienza. Sempre più giovani non riescono a far fronte ai costi della casa.  È quello che emerge dal XV Rapporto dell’Osservatorio diocesano delle povertà e delle risorse presentato questa mattina nella sede di Caritas Ambrosiana nel corso del convegno “Una casa per tutti”.

«Aumentano di circa il 21% i senza dimora. Cresce anche il numero degli italiani che oggi coprono il 40% degli utenti. A rivolgersi meno ai centri di ascolto sono soprattutto le donne immigrate, anche perché con la crisi sono diminuite le famiglie che si rivolgevano a loro per far fronte al bisogno di assistenza domestica e di cura dei propri cari», ha sottolineato Elisabetta Larovere, redattrice del Rapporto.

«La crisi è stata un terremoto sociale: ha aperto una faglia dentro la quale sono finiti quelli che avevamo definito equilibristi, persone che stavano sospese sulla soglia delle povertà. Oggi sono proprio loro, in genere italiani ultracinquantenni che stanno facendo più fatica a risalire dal baratro in cui sono caduti – ha sottolineato il direttore di Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti -. Costoro sono anche le persone che hanno maggiori difficoltà a rientrare nel mercato del lavoro e per questo vanno aiutate a recuperare il reddito, come si sta iniziando a fare coi nuovi provvedimenti del governo che valuteremo con attenzione.  Subito dopo vengono i giovani che hanno lavori tanto precari ed intermittenti che non riescono a sostenere i costi degli affitti, tantomeno accendere un mutuo, specie nelle aree urbane. Per loro andrebbe fatta innanzitutto una politica della casa all’altezza della situazione».

A margine del convegno rispondendo ai giornalisti Gualzetti ha aggiunto che «se si abbandonano le persone in stato di povertà, saranno queste le prime a cadere nel tranello di chi gli dice che c’è qualcun altro che gli ha portato via il poco che aveva. I centri di ascolto sono oggi 370 in tutta la diocesi e continuano a crescere: il che dimostra la volontà della Chiesa di stare accanto a chi soffre. Ma da soli non possiamo farcela: bisogna che la politica dia le risposte; predicare, invece, la guerra tra i poveri serve solo a far esplodere tensioni e conflitti specie nei quartieri periferici più difficili».

A chi gli chiedeva un commento sulla proposta di intensificare la presenza dei militari in città per garantire la sicurezza, il direttore Gualzetti ha risposto «che la sicurezza è una priorità, ma l’esperienza insegna che sono i presidi sociali la risposta più efficace: in alcuni caseggiati considerati off-limits da tutti, ci sono operatori sociali che insieme alle famiglie più volenterose di quegli stessi quartieri fanno un’opera straordinaria che andrebbe sostenuta anche con finanziamenti». 

Affrontando il tema della casa al centro del convegno Pierluigi Rancati, segretario generale Sicet Lombardia ha sottolineato che «secondo i dati del rapporto annuale per l’anno 2015 del Ministero dell’Interno, la Lombardia è la regione che presenta il maggior numero di sentenze di sfratto, il 19% del totale nazionale, ed è anche la regione con il maggior numero di sfratti eseguiti con l’intervento dell’ufficiale giudiziario (il 17,6% del totale nazionale) ed è un dato che non tiene conto dei rilasci spontanei, a fronte delle 61.268 richieste di esecuzione presentate dalla proprietà agli ufficiali giudiziari (il 18% in più rispetto al 2014)».

«Il nostro obiettivo in campo abitativo è ripensare le forme di tutela della domanda debole, perché siano puntuali ed efficaci – è intervenuto l’assessore a Casa e Lavori pubblici Gabriele Rabaiotti -. Oggi il mercato è fermo, il meccanismo chiuso, la piattaforma immobile, e questo costituisce parte del problema, contribuendo a causare sofferenza abitativa. Servono mosse per sbloccare la situazione: per quanto riguarda l’edilizia popolare, intesa come servizio pubblico, l’Amministrazione sta procedendo, con il piano “Zero case vuote”, al recupero e alla riassegnazione degli alloggi sfitti, e intende lavorare alla verifica della decadenza (la perdita dei requisiti da parte dell’inquilino), per dare mobilità dove sia possibile. Inoltre, puntiamo al pieno utilizzo del patrimonio privato esistente e, circa le nuove operazioni di sviluppo immobiliare, alla possibilità di generare una quota di appartamenti in locazione anche a canone basso e molto basso, tra concordato, convenzionato e sociale».

Povertà più intensa e sempre più cronica

In un solo anno, tra il 2014 e il 2015, è cresciuto del 21,3% il numero dei senza tetto che si sono rivolti al Sam, il servizio accoglienza milanese. Un dato che trova conferma a livello nazionale dall’Istat secondo cui proprio nel 2015 è stato registrato il picco più alto degli ultimi 10 anni di povertà assoluta con 4,5 milioni di individui (1 milione e 582 mila famiglie) che non riescono ad accedere al paniere di beni e servizi essenziali.

Inoltre chi cade nella povertà sempre più difficilmente si rialza e quindi resta intrappolato nel circuito dell’assistenza: le persone che sono tornate per almeno due anni di seguito nello stesso centro di ascolto per chiedere aiuto sono state oltre la metà degli assistiti (51,2%) nel 2015, mentre all’inizio della crisi, nel 2008, erano meno di un terzo (32,1%). 

La povertà condanna i più deboli in una condizione di disagio che si protrae per sempre più tempo. Nel 2015 le persone senza lavoro continuano ad essere la maggioranza degli assistiti (56,2%), ma ciò che colpisce è l’incremento delle persone con problemi di reddito che dall’inizio delle crisi sono passate dal 40,5% al 53,4%.

La caduta degli equilibristi

Desta, in particolare, preoccupazione l’evoluzione dei bisogni tra gli italiani che chiedono aiuto alla Caritas. Tra costoro, infatti, il numero di persone con problemi di occupazione e di reddito sembra essersi ormai attestato su valori molto più alti rispetto al 2008 (vedi grafico) In particolare rispetto al periodo pre-crisi, si rivolgono ai centri di ascolto il 47,6% di italiani in più con problemi di reddito (crescita annua media del 5,7%) e il 38% che hanno bisogno di un lavoro (un dato aumentato costantemente del 4,7% annuo). Gli italiani aiutati dalla rete dei centri di ascolto di Caritas Ambrosiana risultano dunque particolarmente vulnerabili e meno attrezzati per adattarsi al nuovo contesto creato dalla crisi.

Cambia l’identikit degli assistiti

Otto anni di crisi hanno cambiato profondamente la composizione sociale degli assistiti da Caritas Ambrosiana. Per quanto gli italiani rimangano ancora la minoranza degli utenti, il loro numero è cresciuto del 21,6% durante l’intero periodo ed oggi rappresentano ben il 37% degli assistiti. Sono diminuite le donne che passano dal 68,9% nel 2008 al 56,8% del 2015, diretta conseguenza del calo degli stranieri. Inoltre in generale la popolazione che chiede aiuto è invecchiata.  Benché la metà degli assistiti dai centri Caritas sia in piena età lavorativa (25-44 anni), la loro presenza all’interno del campione negli otto anni considerati è scesa di 4 punti percentuali, a favore delle classi di età immediatamente successive (45-54 anni e 55-64 anni). In particolare i 45-54enni sono passati dal 19,5% al 23,2%, i 55-64enni dall’8,4% al 12%.

Gli anni della crisi hanno modificato profondamente anche i rapporti tra i gruppi nazionali all’interno della popolazione straniera assistita dai centri di ascolto. Emblematico il caso degli ecuadoriani che nel periodo pre-crisi (2005) rappresentavano il primo gruppo nazionale tra gli utenti dei servizi Caritas nonostante fossero la quinta nazionalità più rappresentata in Diocesi, mentre nel 2015 sono scesi al sesto posto tra gli assistiti, all’ottavo posto tra i residenti. Un calo dovuto oltre che a un’effettiva integrazione avvenuta in questi anni, anche allo sviluppo del paese di origine che ha spinto un numero crescente di loro ad approfittare dei programmi di rimpatrio volontario.

Il disagio abitativo

I centri di ascolto di Caritas Ambrosiana, per la natura stessa del loro servizio, non si occupano direttamente del problema casa; ciò nonostante, il disagio abitativo compare sempre tra i bisogni principali dell’utenza e, a detta de­gli stessi volontari, il problema è molto più diffuso di quanto non emerga dai loro dati, soprattutto nel contesto metropolitano.

Quello che il Rapporto può documentare statisticamente è che tra il 2014 e il 2015, il numero di persone che ha espresso richieste correlate all’abitazione è ulteriormente aumentato dell’11,6%, confermando una crescita costante durante tutto il periodo della crisi. Il disagio abitativo inoltre è più avvertito nella fascia di età compresa tra i 15 e i 34 anni: 1 giovane adulto su 5 tra coloro che si sono rivolti ai centri Caritas ha presentato questo problema; tra gli ultra65enni il dato scende al 13,6%.

Allargando lo sguardo a tutto il territorio regionale, le difficoltà sono avvalorate anche da altre fonti. Secondo il Rapporto regionale 2015 di Regione Lombardia le famiglie lombarde in affitto hanno versato 683 euro al mese per l’abitazione e l’incidenza di questa spesa sul loro reddito è stata del 31%. Le famiglie proprietarie con mutuo hanno invece speso di più (888 euro), ma sul loro reddito, generalmente più alto, la spesa ha inciso in misura minore (27%).

Costi troppo alti che hanno portato il 32% delle famiglie meno abbienti ad essere moroso (in arrestato con l’affitto) e il 35% ad essere insolvente, cioè incapace di pagare le rate del mutuo.

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