Il vicedirettore di Caritas Ambrosiana riassume le motivazioni, il senso, i contenuti e i risultati della partecipazione ecclesiale all’Esposizione: «Continueremo a pungolare chi decide, per richiamarlo alle proprie responsabilità»

di Luciano GUALZETTI
Vicedirettore di Caritas Ambrosiana

inaugurazione edicola caritas expo 2015

Expo è finito. Uno degli eventi più importanti del 2015 è stato portato a termine col contributo corale di molti protagonisti. La Chiesa e la Caritas, dopo un’iniziale riflessione sul senso e l’opportunità di partecipare, hanno cercato di aderire in modo convinto con un percorso partito da lontano. In particolare la Diocesi di Milano fin dal 2012, sollecitata dal cardinale Scola, si è mobilitata valorizzando l’aspetto educativo e la riflessione.

All’interno di questo contesto c’era il tema «Nutrire il pianeta, energia per la vita», un questione decisiva per il futuro e che interpella in particolare i credenti per il valore materiale e simbolico del cibo. E, infatti, la Chiesa non si è fatta sfuggire l’occasione di centrare l’argomento partendo dal suo originale punto di vista, che è il Vangelo e la centralità della persona. Nello stile del confronto e del dialogo ha cercato di dare il proprio contributo, facendo il punto della situazione e provocando un aggiornamento delle questioni sociali e politiche su pianeta, nutrizione, vita: le questioni ambientali e dei cambiamenti climatici; il paradosso dell’abbondanza: c’è cibo per tutti, ma non tutti possono sfamarsi; lo scandalo delle diseguaglianze e dello spreco; la necessità di riconoscersi una sola famiglia umana; la promozione integrale della vita nella relazione con Dio, con gli altri, col mondo.

Lo ha fatto la Santa Sede con un titolo coraggioso – «Non di solo Pane» – articolato intorno a quattro attenzioni: un giardino da custodire, un cibo da condividere, un pasto che educa, un pane che rende presente Dio tra gli uomini. Lo ha fatto anche la Caritas Internationalis, come membro della società civile, novità introdotta proprio dall’Expo milanese, che per la prima volta ha dato la possibilità alle Ong di partecipare alla pari con gli Stati. Caritas ha portato a Expo almeno due attenzioni: una sullo stato delle cose riguardo la fame, la seconda su quello che si può e si deve fare per sconfiggerla in tempi ragionevoli, facendo confluire in Expo una campagna mondiale per titolo «Una sola famiglia umana. Cibo per tutti».

Nei padiglioni di Caritas e Santa Sede sono entrati centinaia di migliaia di visitatori (quasi 2 milioni di visite). Tutti hanno riconosciuto che l’esperienza proposta centrava il tema e faceva riflettere. Inoltre le decine di incontri e di eventi, organizzati nel semestre sia da Caritas sia dalla Santa Sede dentro al sito, hanno alimentato il dibattito sui temi più scottanti.

Inoltre, dopo due mesi dall’inizio di Expo è arrivata l’enciclica di papa Francesco Laudato si’: un dono che ha confermato la sfida di proteggere la nostra casa comune unendo tutta la famiglia umana nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale.

Ma l’impegno della Chiesa nel semestre espositivo non si è svolto solo dentro al sito: non va dimenticato il grande lavoro nei territori, il cosiddetto fuori Expo, con più di 300 incontri. Per non parlare delle iniziative concrete contro la povertà alimentari. Come l’avvio degli empori e di magazzini alimentari che integrano i centri di ascolto nella loro azione di accompagnamento per ridare dignità alle famiglie in difficoltà. Un esempio significativo è stato l’avvio del Refettorio Ambrosiano, esperienza che continua come risposta allo scandalo dello scarto di cibo e di vite fragili.

Ma la sfida principale è quella di continuare a essere pungolo per richiamare alle loro responsabilità i soggetti decisori, dai governi alle imprese, la società civile e i singoli cittadini. Occorre mettere al centro il diritto all’alimentazione in modo integrato con tutti i diritti fondamentali (vita, salute, lavoro, istruzione…). Condizione fondamentale per realizzare l’obiettivo della sconfitta della fame nel giro di una generazione. È un traguardo possibile.

 

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