Come sempre l'11 febbraio, una folla di fedeli e moltissimi malati hanno preso parte alla celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo nella Basilica di Santa Maria di Lourdes. «Siamo qui per riconoscere che abbiamo bisogno di un apprendistato della sofferenza»
di Annamaria
BRACCINI
Essere dalla parte di chi chiede pietà al Signore e prega perché il nostro non è un Dio lontano o estraneo alla sofferenza dei suoi figli, ma un alleato.
Monsignor Mario Delpini arriva, sotto un bel sole quasi primaverile, nella parrocchia Santa Maria Lourdes dove presiede l’Eucaristia, concelebrata dal parroco, don Maurizio Cuccolo e dai sacerdoti del Decanato “Sempione”, tra cui il decano don Vittorio De Paoli. Messa per gli ammalati nel giorno loro dedicato, come sempre fanno, da decenni, gli Arcivescovi di Milano ogni 11 febbraio.
Sono trascorsi 160 anni dall’apparizione della Vergine a Lourdes (proprio oggi arriva anche l’annuncio del 70° miracolo lourdiano accettato ufficialmente e avvenuto su una religiosa di nome Bernadette) e migliaia di persone si affollano, dalla mattina presto fino alla tradizionale processione Aux flambeaux che conclude la Giornata, in Basilica e nell’attigua grotta, ricostruzione fedele di quella della cittadina francese.
Dopo il saluto di un membro laico del Consiglio Pastorale che definisce Delpini «un vicino di casa», la riflessione dell’Arcivescovo – per lui è la prima volta a Santa Maria di Lourdes in questa veste – parte dalla Parola di Dio, nel Vangelo di Luca al capitolo 18 con il brano del fariseo e del pubblicano.
Due figure estreme che interrogano tutti anche oggi. «L’una contenta di sé, in piedi di fronte a Dio come chi può parlargli alla pari, l’altra piegata sotto il peso della vita e del suo male».
Se Gesù indica che Dio sta dalla parte dell’umile, con questa dichiarazione si pone anche a noi una domanda chiara: «Nei tuoi modi di pregare e di vivere la vita da che parte stai?».
Immediata la risposta del Vescovo che dice: «Stare dalla parte di chi invoca pietà significa quella familiarità che diventa condivisione del soffrire e della consolazione. Stiamo dalla parte dei malati, degli anziani, di coloro che soffrono nel corpo e nello spirito, portandone insieme il tormento e le preghiere».
«Oggi, in particolare, professando la nostra solidarietà con i malati, non ci poniamo nell’atteggiamento di chi si sente forte e sicuro e concede l’elemosina di qualche sorriso o di una carezza facendola cadere dall’alto. Sappiamo di essere anche noi fragili e insidiati dalla precarietà».
Per questo chiedere pietà è una sorta «di apprendistato della sofferenza per trovarci pronti al dolore quando verrà: seppure siamo sani saremo malati, se giovani, anziani. Siamo qui per riconoscere che abbiamo bisogno di un apprendistato per imparare tutto ciò».
E, allora l’Arcivescovo si chiede, «Nella condizione del soffrire nella nostra carne o sofferta per le persone a cui vogliamo bene, quali parole potremmo dire?». Che oggi e sempre, come cristiani, stiamo dalla parte di coloro che invocano la pietà con un grido «che si alza dal nostro soffrire e per il soffrire del mondo e che, tuttavia, non è un grido di protesta e di risentimento come chi sei sente maltrattato da un Dio ostile e lontano incapace di vedere la sofferenza dei suoi figli».
Al contrario, è un grido che si fa preghiera, «perché non possiamo sopportare di fare a meno della speranza e la preghiera non è una sorta di resa all’impotenza, ma un affidamento all’alleanza; non la condiscendenza umiliante, ma l’abbraccio che ci introduce nella comunione con un Padre che ci abbraccia con un esercizio di felicità».
Da qui la conclusione: «Stiamo dalla parte di chi chiede pietà per imparare l’atteggiamento di chi crede che l’abbraccio del Padre salva tutti in un’alleanza eterna e perfetta. Vogliamo avere vicino Maria ed esplorare con lei le strade che Dio ci chiama a percorrere perché la nostra fede sia forte, il nostro grido sia preghiera e la speranza sia credibile».
Un affidamento che si fa palpabile nei canti mariani, nel Magnificat finale, nella lettura della Preghiera del Malato per questa XXVI Giornata Mondiale 2018, nella benedizione dei fedeli con il Santissimo che monsignor Delpini porta tra le mani arrivando fino alle porte della Basilica.
Infine, circondato dalla gente, l’Arcivescovo visita la piccola mostra fotografica che, in memoria del 160° della prima apparizione della Madonna a Bernardette, l’Oftal-Sezione di Milano ha allestito con il titolo “Le Mani di Lourdes”. 11 pannelli che, attraverso gli scatti di Marco Apadula e le brevi frasi di commento a cura di Nicoletta Gerra, offrono uno sguardo diverso e inedito sull’esperienza del pellegrinaggio.
La mostra resterà presso la Basilica sino a sabato 18 febbraio, poi proseguirà il suo cammino in parrocchie, oratori, associazioni che potranno richiederla gratuitamente.