Un gesto già compiuto durante la peste del Seicento si rinnova e si associa a un’iniziativa caritativa: una casa per il reinserimento sociale. Il Prevosto monsignor Festa: «La pandemia ha fatto emergere virtù nascoste, non vogliamo tornare indietro». L’Arcivescovo presente al Santuario per la preghiera del mattino
di Annamaria
BRACCINI
Un Voto che affonda le sue radici in un passato secolare, ma che guarda al presente e al futuro, prendendo spunto dalla situazione che abbiamo vissuto e che stiamo sperimentando per la pandemia. È questo il senso del Voto che i fedeli di Gallarate formuleranno presso il Santuario della Madonna in Campagna, con un gesto già compiuto nel 1630 durante la peste narrata da Manzoni. Una scelta per cui si sono ritrovati, fin dai mesi scorsi, i Consigli pastorali delle 10 parrocchie cittadine, approvando l’iniziativa il 20 luglio.
Il prevosto, monsignor Riccardo Festa, spiega: «Tutto è iniziato con una domanda semplice, nei giorni in cui eravamo chiusi in casa: “Perché non facciamo anche noi un voto alla Madonna in Campagna, come quello fatto per guarire dalla peste?”. Subito abbiamo cominciato a condividere, tra le varie parrocchie, la preghiera che il parroco don Mauro aveva già scritto. Poi, accenni, al telefono e in video, con gli organismi pastorali, con gli altri parroci – don Giovanni e don Luigi – e i primi incontri in presenza. Infine ci siamo confrontati con il Vescovo e Vicario di Zona, monsignor Giuseppe Vegezzi, e con il Vicario per la celebrazione della Fede, don Mario Antonelli. Non sono mancate una verifica con il direttore della Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti, per la fattibilità di un progetto caritativo; la comunicazione ai servizi sociali e all’Amministrazione cittadina. È stato un cammino davvero sinodale, nel senso di un percorso condiviso, dove si è verificato quello che dice un Salmo caro al nostro Arcivescovo: “Cresce lungo il cammino il suo vigore”».
Come si svolgerà la giornata del 12 settembre?
Il giorno è stato scelto perché è la Festa del Santissimo Nome di Maria, che cade di sabato. L’Arcivescovo, che ha voluto scrivere di sua mano la supplica, verrà alle 7 del mattino per una preghiera con i preti della città e con monsignor Vegezzi. Poi tutto il giorno sarà possibile il pellegrinaggio personale. Alle 18 vi sarà la Santa Messa all’aperto, presieduta dal Vicario generale, monsignor Franco Agnesi, con il Voto comunitario.
Parlando ai gallaratesi lei ha sottolineato come il Voto intenda essere «segno di conversione, di penitenza», ma anche di «affermazione del bene che c’è stato»…
Oggi riconosciamo che, se il nostro stile di vita fosse stato diverso, forse anche il virus avrebbe fatto meno danni. Per questo il Voto ha una dimensione penitenziale: vuole essere l’inizio di una vita migliore. D’altra parte la pandemia è stata una rivelazione, ha fatto emergere virtù nascoste ed efficaci. Non vogliamo dimenticare e non vogliamo tornare indietro.
Nella sua Proposta pastorale l’Arcivescovo avvia il testo dal Memoriale ai Milanesi scritto da San Carlo dopo la peste del 1576. In gioco – allora come oggi -, c’è la necessità di non tornare a come eravamo “prima”…
Abbiamo riscoperto il senso di appartenere a una sola famiglia umana. Facciamo un atto di carità che ricordi, come un memoriale, il bene che abbiamo riscoperto: quando dovevamo restare in casa, infatti, ci siamo accorti che qualcuno non aveva casa. Per questo vogliamo offrire una casa di emergenza – una decina di posti, di cui facciamo carico – dove qualcuno possa iniziare un reinserimento sociale. In tempi in cui la tentazione è di ripiegarsi su se stessi per salvaguardare qualche misera sicurezza, vogliamo reagire e farci intraprendenti, investendo sulla carità. In tempi in cui la tentazione è di invocare aiuti dall’alto, ci uniamo dal basso.