Con la Messa vigiliare di Pentecoste presieduta dall’Arcivescovo al SS. Redentore a Milano, sabato 4 giugno termina il corso per coristi, musicisti e direttori di coro. Ne parla don Riccardo Miolo

Foto del gruppo di Milano alla visita con Messa a San Michele Arcangelo e Santa Rita
Foto del gruppo di Milano alla visita con Messa a San Michele Arcangelo e Santa Rita

di Emilia FLOCCHINI

Sabato 4 giugno, con la celebrazione della Messa vigiliare di Pentecoste presieduta dall’Arcivescovo, si conclude il Corso di formazione «Te laudamus», promosso dal Servizio diocesano per la Pastorale Liturgica. Settanta corsisti, uomini e donne, dai 19 anni all’età della pensione, si sono trovati da ottobre a maggio, in presenza in quattro sedi – Milano, Varese, Lecco e Seveso – per le lezioni al sabato pomeriggio, a cui si sono aggiunti vari appuntamenti su piattaforma online, in maggior parte serali. Don Riccardo Miolo, collaboratore per la musica e il canto nella Pastorale liturgica, nonché coordinatore di «Te laudamus», stila un bilancio di questa esperienza e traccia prospettive per il futuro.

Come vede quest’esperienza giunta al termine?
Il termometro dell’entusiasmo e il desiderio di continuare sono alti, globalmente: i docenti hanno intercettato le esigenze formative, anche con il confronto, il lavoro a gruppi e il canto insieme. Uno dei nostri obiettivi era non solo passare informazioni, ma vivere esperienze, perché la liturgia è qualcosa che si fa e che si sperimenta, prima ancora di qualcosa da comprendere. Dal confronto con i rappresentanti delle quattro sedi, sono emersi anche aspetti da correggere: per esempio, il tempo che trascorre tra le lezioni. Complessivamente abbiamo visto anche una certa intraprendenza da parte dei docenti e degli allievi, riscontrata dalle loro richieste di persona e per email. Il rapporto col resto della Diocesi è invece ottimo, soprattutto perché i parroci hanno scritto delle lettere di presentazione per l’iscrizione dei loro parrocchiani: è un segno che la comunità sa dell’iniziativa.

L’Arcivescovo ha manifestato più volte la sua attenzione verso la formazione degli operatori liturgici: basti pensare alla Lettera Cantate, cantate al Signore!, uno dei segni da lui lasciati nelle parrocchie toccate dalla Visita pastorale (leggi qui, ndr). Quale ricezione ha avuto questo suo messaggio da parte dei destinatari, per quanto ha avuto modo di capire?
Credo che stia iniziando a crearsi quella rete tra animatori della liturgia auspicata dall’Arcivescovo: nelle varie proposte della Pastorale liturgica, come i webinar «Alle sorgenti dell’anno liturgico» o il recente convegno per i coordinatori dei gruppi liturgici (leggi qui), ci sono degli affezionati che capiscono di dover tornare ad ascoltare, a mettersi in discussione e anche a dialogare con altre persone.

Come le sembra che i corsisti abbiano colto gli appelli dell’Arcivescovo?
All’interno di «Te laudamus» ho riscontrato una capacità davvero umana di far gruppo: per esempio, tra pochi giorni giorni uno dei ragazzi di Lecco si sposa e i compagni si sono messi insieme per fargli un regalo. Questa unione può davvero formarsi attraverso i vari aspetti trattati: il canto ambrosiano, il canto a più voci, la ritmica e il muoversi per andare a tempo. Per evitare poi il rischio che il gruppo diventi isolato e chiuso nella propria concezione della liturgia, i docenti hanno stabilito che i corsisti andassero in una delle parrocchie della corrispondente Zona pastorale a vedere come si vive lì il rito, per dialogare con gli animatori del luogo.

Voi dell’équipe formativa state pensando a riproporre il corso nel prossimo anno pastorale? Con quali modalità?
C’è già la prospettiva di far partire altre due sedi: Rho, dai Padri Missionari Oblati, e Treviglio, quest’ultima specializzata nel Rito omano. Stiamo pensando anche a una due giorni residenziale. Il mio sogno è che queste iniziative partano dal centro, ma siano espressione del territorio: per esempio, auspico che i Decanati chiedano al Servizio liturgico di formare gli operatori lì dove sono.

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