Sono 2500 le famiglie sostenute con versamenti da 400 a 800 euro al mese, due terzi delle donazioni arrivano da singoli cittadini. Bilanci e prospettive in una conferenza stampa con l’Arcivescovo («incoraggio la generosità di coloro che possono») e il sindaco Sala («fondamentale intervenire in modo tempestivo»)
Sono stati presentati questa mattina a Milano, nella Sala conferenze della Curia arcivescovile, i risultati del primo anno di attività del Fondo San Giuseppe e le prospettive degli strumenti diocesani di contrasto alla povertà. All’incontro sono intervenuti il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, e l’Arcivescovo, monsignor Mario Delpini. Hanno inoltre commentato i dati monsignor Luca Bressan, Vicario episcopale per la Cultura, la Carità, la Missione e l’Azione Sociale, e Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana.
«Sento il dovere di ringraziare i donatori, tutti coloro che si sono sentiti interpellati dalla situazione di emergenza – ha dichiarato l’Arcivescovo -. Sento il dovere di rendere conto delle procedure e delle destinazioni delle risorse raccolte. Sento il dovere di incoraggiare ancora la generosità di tutti coloro che possono, perché non si intravede ancora il superamento dell’emergenza. Sento il dovere di invocare la protezione di San Giuseppe. È stato provvidenza e protezione per Maria e per Gesù. Sia ispiratore di provvidenza e di aiuto in questo anno drammatico».
Dal canto suo, il sindaco Sala ha affermato: «Sono davvero fiero di aver sostenuto, sin dalla sua istituzione, il Fondo San Giuseppe. Purtroppo la crisi generata e alimentata dalla pandemia Covid-19 ha colpito molte famiglie milanesi e del territorio diocesano: oggi, come un anno fa, è fondamentale intervenire con un sostegno economico e morale tempestivo, per dare aiuto concreto e incoraggiare chi sta vivendo una situazione di fragilità economica, di dolore e sconforto. In queste circostanze, la nostra città ha mostrato nei confronti di chi si trova ad affrontare gravi difficoltà un profondo sentimento di solidarietà e umanità, un valore che ci avvicina fortemente gli uni agli altri, a dispetto delle distanze fisiche che siamo tenuti tutti a rispettare per contrastare l’avanzata del virus».
Intitolato al Santo patrono dei papà e degli artigiani, per volontà dell’Arcivescovo e del Sindaco di Milano, da marzo 2020 il Fondo san Giuseppe ha erogato 4.924.000 euro a 2.454 persone che hanno perso il lavoro o subito un significativo calo di reddito a causa della pandemia. I beneficiari sono per lo più uomini (il 53,8%) e la fascia di età più rappresentata è quella tra i 35 e i 44 anni (36,5%). Dall’esame delle domande di chi ha chiesto una proroga del contributo oltre i tre mesi previsti, emerge anche come i lavoratori più in difficoltà svolgono mansioni nel settore della ristorazione (36,6%) e in quello alberghiero (12,7%).
L’analisi dell’andamento di questi 12 mesi consente alcune ulteriori osservazioni: calano gli italiani che chiedono aiuto, passando dal 48% (aprile 2020) al 41,3% (marzo 2021), mentre appaiono in particolare difficoltà le famiglie con figli piccoli (le coppie con uno o due minori salgono dal 35,9% al 38,5%, confrontando i due periodi). Sono inoltre sempre più numerosi i cassaintegrati: oggi sono più di un terzo dei beneficiari (38,4%), mentre erano un quarto (26,4%) all’inizio della pandemia. Il Fondo San Giuseppe ha avuto anche un effetto ridistributivo, trasferendo risorse da chi non è stato colpito dalle conseguenze economiche della pandemia a coloro che invece si sono impoveriti.
Ai 4 milioni di euro iniziali, offerti 2 dal Comune e 2 dall’Arcidiocesi, si sono aggiunte donazioni per una cifra di 3.616.353 euro. A tale somma hanno contribuito per il 66% singoli cittadini, per il 32% imprese e per il 2% altri soggetti. Con il versamento anche di altri enti istituzionali, la cifra totale giunta al Fondo è stata sino a oggi di 8.349.985 euro, oltre la metà della quale è già stata distribuita.
Durante la pandemia, il Fondo San Giuseppe è diventato il perno di un dispositivo di aiuti economici di contrasto alla povertà molto articolato, che ha previsto misure diversificate, attivate da una pluralità di strumenti. Il Fondo Diocesano di Assistenza ha aiutato 995 famiglie a far fronte alle incombenze quotidiane (dal pagamento delle bollette all’affitto) per una cifra complessiva di 1.367.461 euro. Dall’inizio della pandemia e nonostante il lockdown (marzo 2020) il Fondo Diamo Lavoro ha permesso di inserire in azienda 126 persone, di riqualificarne altre 27 nei settori della sanità e altre 20 nella logistica, sostenendone i costi.
«Il Fondo San Giuseppe in questo contesto si rivela un segno profetico, che consente di redistribuire reddito, tra chi ha risorse e chi le cerca, in modo gratuito e aperto a tutti – ha spiegato monsignor Bressan -. Chi dona non conosce i destinatari del proprio dono. Il Fondo si rivela in questo modo essere uno spazio di ricostruzione dei legami, un tessitore di reti di fraternità, in modo semplice, ma reale e quotidiano. L’intenzione è che queste reti non si fermino al solo momento della emergenza. Grazie agli altri rami attivi (per esempio il Fondo Diamo Lavoro) il Fondo San Giuseppe ha come obiettivo non soltanto l’accompagnamento delle persone nell’emergenza, ma anche l’aiuto a ricostruire una posizione di lavoro che garantisca un futuro».
«In questo anno il Fondo San Giuseppe ci ha consentito di dare immediatamente sollievo alle famiglie che perdevano il lavoro o si ritrovavano con redditi insufficienti – ha sottolineato Luciano Gualzetti -. Gli effetti collaterali della pandemia non si esauriranno tanto rapidamente. Non sappiamo inoltre quello che potrà accadere in futuro, quando sarà tolto il blocco dei licenziamenti. Probabilmente la crisi assomiglierà sempre più a un’onda lunga e a finire sommersi saranno i più deboli. Per questa ragione avremo bisogno nella nostra cassetta degli attrezzi di più strumenti. Mentre dobbiamo continuare a sostenere le famiglie – anche con misure di assistenza come i contributi a fondo perduto e gli aiuti alimentari -, dovremo contemporaneamente promuovere la riqualificazione professionale e orientare chi perde il lavoro verso quelle imprese che hanno già reagito o non sono state investite dalla crisi. Abbiamo cominciato a farlo già nei mesi del lockdown più duro. Ci auguriamo che le condizioni sia sanitarie, sia economiche del Paese ci permettano di farlo con ancora maggiore determinazione nei prossimi mesi».