I momenti di raccoglimento e di testimonianza di fede accomunano e avvicinano le persone immigrate a Milano ai connazionali rimasti in patria: così ci si conforta per i rispettivi problemi e si condividono speranze e aspettative
di Cristina
CONTI
Quella filippina è la comunità di migranti più numerosa di Milano. Sono presenti in città in dieci comunità, coordinati da quattro preti della stessa nazionalità e da due italiani.
Quella di San Tomaso, nella parrocchia di Santo Stefano Maggiore, nel Centro storico, organizza funzioni e incontri a cui partecipano più di 1.500 fedeli e fa parte della Commissione di coordinamento del Sinodo «Chiesa dalle genti». Una comunità molto organizzata e vivace. Catechismo, formazione, messe e incontri: sono tante le attività che vivono insieme e anche il senso di comunità è molto forte. Ce ne parla padre Sonny De Armas Umali, originario della diocesi filippina di Malolos, che la segue direttamente: «Preferisco parlare in inglese, perché con l’italiano ho qualche difficoltà. Ma l’Italia mi piace molto e qui, come tutti noi, mi trovo molto bene. Ogni domenica celebriamo in Santo Stefano tre Messe: alle 13, alle 14.30 e alle 15. A questi appuntamenti si aggiunge anche quelli del mercoledì alle 19.30 e del venerdì alle 19, ogni prima settimana del mese, in lingua tagalog».
Un ruolo per tutti
Durante la settimana poi si susseguono gli incontri dei gruppi: «Sono in tutto una decina, dedicati alla liturgia, alla famiglia, quelli devozionali. Per ognuno c’è un giorno particolare del mese in cui ci si ritrova e si leggono insieme le Sacre Scritture, si commentano, si prega, si condividono testimonianze di fede e di vita quotidiana, ci si confronta», racconta. C’è chi si occupa delle letture, ci sono i ministri straordinari dell’Eucarestia, c’è chi si dedica alla catechesi, chi ai bambini, chi all’aiuto del prossimo. Anche nel periodo della pandemia le attività sono continuate e tutti hanno potuto collaborare grazie alle nuove tecnologie (da YouTube ai social network). «Il senso della comunità per noi è molto forte. Stiamo molto insieme e ci confrontiamo spesso. Questo non vale solo per chi vive qui a Milano, ma anche per quanti sono rimasti nelle Filippine», commenta.
Il senso di comunità
Gli immigrati che arrivano per la prima volta nella metropoli lombarda affrontano all’inizio molte difficoltà: la lingua, quella la ricerca di un lavoro e dell’inserimento sociale… La preghiera è un momento molto importante per vivere questi problemi con lo sguardo della fede. Non manca però mai un pensiero anche per i parenti e li amici che vivono in patria: «Nei nostri territori ci sono spesso forti calamità, come terremoti, epidemie e inondazioni. Ma soprattutto da noi ci sono molti poveri, che sperimentano ogni giorno la fame e l’indigenza. Il pensiero delle condizioni difficili in cui molti connazionali versano guida spesso la nostra preghiera e diventa anche un’intenzione per le nostre funzioni», aggiunge.
E questa particolare sensibilità si fa sentire concretamente anche dal punto di vista della solidarietà: «Ogni volta che ci è possibile mandiamo aiuti (cibo, denaro, generi di prima necessità) per le persone che vivono nelle nostre comunità nelle Filippine». Una fede viva che si apre alla speranza e all’amore.