Alle Colonne di San Lorenzo Mario Monti, l’attivista amazzonico Adriano Karipuna e suor Alessandra Smerilli a confronto nell'attesa tavola rotonda su «Oltre l’economia che uccide»

Festival della missione - Economia 4
Il folto pubblico presente al dibattito

di Annamaria Braccini

L’economia che uccide, per usare l’ormai famosissima espressione di papa Francesco nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, da lui stesso ripresa una settimana fa al termine dell’incontro di Assisi con il migliaio di giovani, riuniti da tutto il mondo, per l’evento «Economy of Francesco». Quell’economia da trasformare in «un’economia della vita, in tutte le sue dimensioni».

Proprio su questo delicatissimo tema ha puntato la sua attenzione uno dei panel più attesi e affollati del Festival della Missione, svoltosi presso le Colonne di San Lorenzo finalmente illuminate da un bel sole autunnale. Notissime le figure sul palco: Adriano Karipuna, originario dello Stato di Rondônia in Amazzonia, attivista e leader del popolo Karipuna; Mario Monti, economista di fama mondiale, già Presidente del Consiglio e senatore a vita; suor Alessandra Smerilli, anch’ella economista, segretaria del Dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.

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Uccidere o dare vita

Si parte proprio dalle definizioni che i tre relatori danno dell’economia che uccide. Se per Karipuna «è quella che distrugge la foresta, mentre quella della vita la lascia vivere», per Smerilli uccide se «crea illusione, dà vita se la libertà e la creatività delle persone realizzano opportunità di lavoro». Per Monti «un’economia che uccide è quella che non funziona, ma può essere anche quella che funziona benissimo, ma solo a servizio del potere economico e politico. E nell’economia che uccide teniamo presente anche ciò che uccide veramente, gli incidenti sul lavoro», aggiunge in un silenzio carico di dolore.   

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I relatori alla tavola rotonda

Esistere per resistere

Cosa sia, in concreto, l’economia assassina lo si comprende immediatamente nella testimonianza di Karipuna, che ricorda la deforestazione dell’Amazzonia; le malattie dei suoi abitanti che vengono a contatto con il degrado ambientale; i 40 ettari dei Karipuna sottratti loro dal governo; l’impatto di imprese idroelettriche che hanno lasciato per mesi isolato il territorio all’inizio degli anni 2000; l’incremento, dal 2017 degli attacchi dei tagliatori di legna illegali, che «rendono il popolo e il territorio sempre più vulnerabili».  Insomma, un’economia «sangrente» – «sanguinante», come la definisce l’attivista nella sui lingua madre – in cui il governo del presidente brasiliano Bolsonaro ha gravi responsabilità, «avendo aperto le porte a questo tipo di politica con un aumento delle minacce di morte a chi gli si oppone, dimenticando i popoli indigeni a cui molto spesso non sono stati somministrati i vaccini durante la pandemia e approfittando, anzi, della situazione per portare avanti politiche contro l’ambiente».

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L’intervento di Adriano Karipuna

Da qui l’appello: «Per questo sono in Italia: per un aiuto, per chiedere di attivarvi sia a livello di opinione pubblica sia personalmente, ponendo per esempio attenzione ai prodotti delle grandi multinazionali che sono frutto della deforestazione. “Buon vivir” vuole dire avere cura e praticare il rispetto per gli altri, per la natura e per la vita di ciascuno». 

Una speranza da Assisi

Dalla genesi dell’incontro sulla New economy di papa Francesco si avvia invece l’intervento di suor Smerilli, impegnata in prima persona nell’organizzazione dell’evento, finalmente realizzatosi dopo tre anni di difficoltà a causa del Covid. Un periodo – questo dal 2019 – tuttavia assai fecondo, dopo che il Santo Padre aveva scelto di interrogare, sul cambiamento del modello economico, non esperti mondiali, ma giovani economisti e imprenditori. Quelli che, per la pandemia, pur senza incontrarsi mai, si sono impegnati – divisi in gruppi di 200 unità e accompagnati nel confronto da alcuni senior – in villaggi virtuali come “Finanza e Umanità”, “Lavoro e Cura”, “Agricoltura e Giustizia”, “Energia e Povertà”, “Vita e Stile di Vita”, “Business e Pace”.

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«I giovani hanno lavorato per quasi tre anni e ci hanno sorpreso hanno creato ricerche, progetti concreti, realtà come la “Farm (la fattoria) di Francesco”. Ad Assisi ci siamo finalmente ritrovati in mille ed è stata una grande festa – continua la religiosa salesiana -. Questi giovani, di diverse idee e classi sociali – il più piccolo ha solo 12 anni e ha scritto direttamente, tra i primi, al Papa – esistono e sono tanti, sanno fare cose reali, camminare insieme cercando ciò che unisce e non ciò che divide. Quante volte diciamo che, in Italia, manca una classe dirigente o ci lamentiamo della politica: il nostro problema è che vogliamo vedere subito i risultati, ma se non iniziamo processi, non li vedremo mai. Sta a noi far fiorire questi giovani, aiutandoli e facendo nostro il patto che hanno firmato ad Assisi, perché i poveri – hanno notato – non solo sono dimenticati, ma lo sono spesso anche dalla storia», come dimostra la scena mancante tra le Storie di San Francesco dipinte da Giotto nella Basilica Superiore: la 29esima, quella dell’abbraccio tra il Santo e il povero lebbroso.

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Mario Monti e suor Alessandra Smerilli

La sfida del cambiamento climatico

«La pandemia è stato un poderoso alleato del tema della sostenibilità, perché si è dimostrato che essa stessa è effetto di impropri rapporti tra uomo e natura e del ridursi della biodiversità. Dunque, impegnarci quotidianamente e a ogni livello contro il cambiamento climatico è fondamentale. Come realizzare un’economia che favorisca lo sviluppo umano integrale, è un tema che sento molto sia quale politico, sia nella mia veste di docente della Bocconi», scandisce il senatore Monti che nel 1997, come commissario europeo alla fiscalità, aveva già proposto la tassazione sull’emissioni di Co2.

Il pensiero va ancora all’intervento di papa Francesco ad Assisi: «Una società e un’economia senza giovani sono tristi, pessimiste, ciniche. Se voi volete vedere questo, andate in queste Università ultra-specializzate in economia liberale, e guardate la faccia dei giovani e delle giovani che studiano lì. Ma grazie a Dio voi ci siete: non solo ci sarete domani, ci siete oggi; voi non siete soltanto il “non ancora”, siete anche il “già”, siete il presente».

Centrale in questa visione, secondo Monti, il «pluralismo culturale promosso da atenei come la Bocconi che, accanto all’ insegnamento dell’economia e di ciò che vi è connesso, non dimentica tutti quegli aspetti senza i quali l’economia medesima rischia di essere distruttiva, come la questione della responsabilità sociale di impresa, ma anche la creazione di sussidi e borse di studio, per cui l’Università oggi è uno dei pochi strumenti di ascensore sociale». 

Concordando sul fatto che «il danno principale di una politica non avveduta è voler vedere i risultati subito, magari facendo scelte che ricadranno sui giovani di domani che tanto non votano, non hanno voce, non contano», il già Presidente del Consiglio conclude: «Tutti avremo grandi problemi se non riusciamo a vincere il cambiamento climatico, ma pensate che danni potremmo avere se i nostri ragazzi dovranno pagare un debito pubblico altissimo. Nell’economia che deve agire per la vita e non per la morte teniamo anche presenti coloro che la vita non l’hanno ancora».

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