Padre Piero Masolo, direttore operativo dell’iniziativa, illustra le forme di collaborazione e partnership promosse con diverse realtà. A quattro mesi dall’evento, attiva la ricerca di volontari pronti a impegnarsi e di parrocchie e famiglie disponibili a ospitare chi verrà a Milano
di Annamaria
Braccini
Il Festival della Missione si avvicina: mancano infatti 4 mesi esatti al suo giorno di apertura. Perché e come si sia voluto intercettare tante realtà sul territorio, muovendosi in una logica che possiamo definire sinodale, lo chiediamo a padre Piero Masolo, sacerdote del Pime, collaboratore dell’Ufficio missionario diocesano e direttore operativo dell’iniziativa: «Ci sembrava che fosse limitante organizzare un evento di quattro giorni fine a se stesso – spiega – e quindi si è pensato che fosse importante avviare un percorso che ha impiegato ben due anni».
Nel concreto, quali sono le sinergie messe in campo?
Abbiamo iniziato con le scuole, insieme a Caritas Ambrosiana, Fondazione Pime, Coe, Fondazione Nigrizia e Famiglie Missionarie a Km0, proponendo una serie di moduli e di esperienze di scuola-lavoro per i ragazzi delle scuole secondarie di secondo grado. Abbiamo coinvolto anche le università e le scuole di giornalismo. Con la Fom e la Pastorale giovanile abbiamo avviato gemellaggi tra gruppi del nord e del sud del mondo per gli adolescenti, mentre per i giovani abbiamo pensato a qualcosa che li porti a fare un’esperienza di missione nel mondo. Ovviamente abbiamo definito anche un itinerario che porterà alla partecipazione alla Gmg di Lisbona nel 2023. E poi altri programmi, come quelli nelle carceri, nei monasteri, con le istituzioni – la Regione e il Comune di Milano – e una serie di partnership con le imprese, con Confcommercio, Assolombarda, Confcooperative. Una vera e propria rete, che vuole andare ben oltre il Festival.
Quindi un inserimento in tutto il territorio diocesano, vista la ricchezza delle articolazioni e delle realtà che sono coinvolte…
Ci ha fatto molto piacere vedere come questo Festival, anche all’interno della stessa Curia di Milano, ci abbia permesso di lavorare con diversi uffici, come il Servizio Ecumenismo e Dialogo, la Pastorale scolastica, il Servizio per l’Irc e la Consulta per la Disabilità, perché vogliamo che tutti, in maniera inclusiva, possano partecipare. È interessante constatare come il Festival sia stato un incentivo a fare meglio e a lavorare insieme di più.
Avete pensato anche all’accoglienza, magari attraverso un’ospitalità diffusa sul modello degli incontri di Taizé o delle Gmg?
Stiamo contattando tutte le parrocchie della città di Milano e inizieremo tra pochi giorni anche quelle dell’hinterland e delle Zone 4-5-6-7, proprio per chiedere di accogliere gruppi di giovani e anche famiglie o adulti. Naturalmente lo chiediamo anche alle famiglie. Concretamente, si può andare sul sito www.festivaldellamissione.it trovando le informazioni necessarie sotto la voce “Accoglienza”. L’ospitalità è preziosa: vorremmo che le persone non si sentissero ostacolate dalla questione economica. Milano è una metropoli cara, lo sappiamo, e il viaggio e il vitto di quei giorni sarà già un impegno, ma l’alloggio potrà essere gratuito o convenzionato.
E i volontari?
Stiamo chiedendo a tutti quelli che volessero dedicare del tempo al Festival di offrirsi volontari; basta essere maggiorenni. Ci sarà bisogno di persone nei vari infopoint situati nelle piazze, nelle stazioni e negli aeroporti, così come di persone che si offrano per l’accoglienza e l’accompagnamento degli ospiti e dei relatori. Una cosa che chiediamo ai volontari sin d’ora è di farsi estensori e “antenne” sui social delle varie iniziative che proponiamo.