L’Arcivescovo ha presieduto in Duomo la Veglia e la Celebrazione eucaristica nella Notte santa del Natale del Signore. Inaugurata anche la nuova consolle dell’organo settentrionale della Cattedrale
di Annamaria
Braccini
Nella notte di Natale, notte santa nella quale il figlio di Dio diventa figlio dell’uomo e il Verbo diviene carne, il richiamo ad accogliere «la luce gentile, la parola ragionevole, la presenza che illumina ogni donna e uomo» si fa, nelle parole dell’Arcivescovo che presiede la Celebrazione eucaristica, invocazione perché non vi siano più angoli bui e inconfessabili in quella casa segreta che è l’animo di ciascuno di noi. Tutto parla, in Duomo, di quella luce, della nascita del Signore: la luce che illumina le vetrate splendide e l’architettura delle navate, i moltissimi fedeli (riuniti con le necessarie cautele), la Parola di Dio, le Letture, tra le quali l’ambrosiana “Esposizione del Vangelo secondo Luca” di sant’Ambrogio, proclamata nella Veglia di preghiera che precede l’Eucaristia. Momento tradizionale, quest’anno arricchito dall’attesa inaugurazione e benedizione della consolle dell’organo settentrionale per cui vengono eseguiti, dal maestro Emanuele Vianelli organista titolare della Cattedrale, la cantata 140 di Bach e le Prélude pastorale di Pietro Alessandro Yon. Nella processione iniziale il vescovo Mario – accanto a lui concelebrano i Canonici del Capitolo metropolitano con l’arciprete monsignor Gianantonio Borgonovo e il vicario episcopale di Zona I-Milano, monsignor Carlo Azzimonti – porta tra le mani l’artistica raffigurazione lignea del Dio Bambino che depone nella “culla”, posta ai piedi dell’altare maggiore e che, poco dopo, nella sua omelia, invita a spalancare quelle porte del cuore che nemmeno noi stessi vorremmo fossero mai aperte.
L’omelia
«Per favore non aprite quella porta: nessuno deve vedere l’angolo squallido della casa, il deposito dove abbiamo gettato i cocci dei sogni infranti. Non aprite quella porta, non entrate in quella stanza dove si sono accumulati i nostri errori e fallimenti, le recite patetiche per nascondere i drammi inconfessabili».
È la porta «dell’intimo malato, l’ombra angosciante che si nasconde nei pensieri», da non aprire mai. «Non fate quella domanda che costringe a dire il peccato nascosto nella meschinità del potere, nella volgarità del sesso, nell’assurdità dell’avidità. Perciò il mondo ha respinto la luce, perché rimanesse segreto l’intimità inquietante e la ferita vergognosa, insopportabile».
Chiaro il riferimento ai drammi non solo personali, ma sociali e mondiali della nostra umanità dolorante ed egoista. «Abbiamo preparato lance e spade per arginare l’invasore, armi potenti e indistruttibili per far paura a chi ci fa paura. Non svelate il volto del nemico, non esponete al rischio di provare pietà e compassione per i popoli che abbiamo aggredito e umiliato per difendere il nostro benessere. Lasciate che soffrano al buio, lasciate che muoiano anonimi. Non fate entrare la luce nella storia perché non ci spaventino le guerre che abbiamo fatto senza saperlo, i morti che abbiamo lasciato annegare nell’indifferenza. Per favore non fate luce nella storia. Perciò il mondo ha respinto la luce, perché ritiene insopportabile la verità della storia».
Un mondo buio, mai forse come in questi giorni ancora più pauroso, nel quale, comunque, entra sempre la luce, se solo si accoglie il Dio con noi, con la tenerezza di una vita che nasce.
«Nel buio delle paure, nel buio delle vergogne, nel buio dei fallimenti viene nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Non è, come il mondo teme, una luce sfacciata, una luce violenta, una luce spietata che aggredisce, condanna. È la luce gentile, è la presenza amica, è la parola ragionevole, è la bellezza che genera lo stupore, è la verità struggente della misericordia».
Una luce di vita e di speranza che non tradisce, che va oltre «i sogni infranti e l’amore umano tradito» ed è «un nuovo inizio e un principio di riconciliazione, scuola di sapienza e in umiltà di riparazione».
Così, potendo finalmente dire il nostro “Abbà”, Padre, comprenderemo il “fratelli tutti” dei figli di Dio. Da qui la conclusione: «Popoli della terra, nei vostri conflitti assurdi, nelle vostre insensate atrocità, nelle vostre vergognose indifferenze, lasciate che la mia luce vi renda possibile riconoscere i volti gli uni degli altri. Spezzate le spade e fatene aratri, cambiate in falci le vostre lance, abbattete il muro dell’inimicizia e costruite nuove alleanze».
E, a conclusione, ancora un pensiero di fiducia da parte dell’Arcivescovo. «Questo tempo non è certo privo di inquietudini e complicazioni, eppure se accogliamo la luce amica, troveremo motivi di gioia e sentiremo il fondamento della speranza. Portate a chi incontrerete la testimonianza che Gesù è in mezzo a noi».