Don Pier Paolo Zannini, responsabile del Mo.Chi presenta le iniziative diocesane di accompagnamento ai ministranti e sottolinea: «Il servizio liturgico aiuta un ragazzo a decidere chi essere e come donarsi agli altri»

di Ylenia SPINELLI

Zannini_Madonna di Fatima
Don Pier Paolo Zannini (a sinistra) interviene in Duomo all'incontro dei chierichetti con l'Arcivescovo in occasione della presenza della Madonna di Fatima

Sta per iniziare la Tre giorni chierichetti, collaudata proposta estiva curata del Seminario di Milano, nata per creare fraternità fra i numerosi gruppi di ministranti presenti in Diocesi. Anche quest’anno ad accogliere i ragazzi presso la casa La Montanina a Pian dei Resinelli (Lc), proprio ai piedi della Grignetta, ci sarà don Pier Paolo Zannini, responsabile del Mo.Chi, il Movimento Chierichetti.

Perché per un ragazzo oggi è importante l’esperienza del servizio all’altare?
Essere chierichetto aiuta un ragazzo o una ragazza a rinsaldare la propria amicizia con Gesù, facendo parte di un gruppo. Questo servizio rende più simili a Dio, che abbiamo conosciuto attraverso Gesù, il quale ha deciso di donare l’intera vita per noi. Inoltre è un’occasione di verifica su come orientare la propria vita, per comprendere bene ciò che vuole Dio per noi, per scoprire la nostra vocazione di battezzati, che altro non è che riconoscerci felici nell’imitare Gesù. I momenti di fraternità e preghiera durante il servizio liturgico, insieme alla guida di figure come il don, la suora, il responsabile del gruppo, possono aiutare un ragazzo a decidere chi essere e come donare la propria vita per gli altri.

Cosa si richiede a un chierichetto?
Non ci sono requisiti specifici. Un chierichetto è pienamente inserito nella propria comunità cristiana, lì si sente bene e il servizio è il modo che ha per abitarla appieno. Se proprio vogliamo trovare un requisito, ma che non vale solo per i chierichetti, è quello di essere ragazzi vivi, cioè capaci di stupirsi, di interrogarsi, di mettersi al servizio, in casa come a scuola, come all’oratorio.

Cosa si fa in Diocesi per i chierichetti e per la loro spiritualità?
Da sempre il Seminario ha a cuore l’accompagnamento di questi ragazzi. Oltre alla Tre giorni, da anni un’esperienza forte di fraternità, ci sono i corsi cerimonieri pensati per la formazione dei ragazzi più grandi, che così diventano consapevoli di essere legati a una Chiesa più grande, che va al di là della propria parrocchia. Poi c’è Fiaccolina, il mensile per i chierichetti, strumento di collegamento fra i vari gruppi e di approfondimento su ciò che nel mondo diventa provocazione per vivere appieno la propria vita e non per vivacchiare.

Che idea si è fatto dei chierichetti ambrosiani?
Nelle varie occasioni in cui ho potuto conoscerli personalmente – da ultimo il Meeting di ottobre in Duomo e quello in occasione della presenza della Madonna di Fatima in Cattedrale lo scorso 13 maggio – ho colto la loro generosità, li ho visti fieri e contenti del loro servizio e questo mi ha molto confortato.

Anche il Cardinale è fiero dei suoi chierichetti?
Certamente! Li segue sempre con affetto e non perde occasione per spronarli a qualcosa di più grande per la propria vita.

 

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