Il Presidente del Ciessevi di Milano: «Ha toccato le corde fondamentali del nostro mondo, ci ha fatto piacere. Durante la pandemia abbiamo garantito la tenuta di un tessuto sociale, ora la politica non lasci questa esperienza legata all’emergenza»
di Pino
Nardi
«L’Arcivescovo ha toccato le corde fondamentali del volontariato, che opera con lo stile della gentilezza per raggiungere il bene comune. Questo ha fatto molto piacere al nostro mondo». Lo sottolinea Andrea Fanzago, presidente del Centro servizi per il volontariato di Milano.
Monsignor Delpini sottolinea la necessità di non chiudersi in sé, di non costruire muri, ma relazioni di buon vicinato. Qual è il contribuito del volontariato?
Su questo il volontariato è stato protagonista, soprattutto in questi due anni di pandemia. Credo che il volontariato abbia dimostrato alla città, alla società in tutti i suoi strati e livelli (istituzionali, politici, economici), la capacità di essere motore di sviluppo e di coesione sociale. Soprattutto in un periodo di pandemia, nel quale il virus ci ha costretti a essere distanziati e isolati, ha garantito la tenuta di un tessuto sociale, che comunque si è strappato. Perciò è fondamentale che la politica, l’economia, il mondo dell’imprenditoria riconoscano nel volontariato questa capacità di ricucire gli strappi.
Tra gli altri l’Arcivescovo ha ringraziato proprio il popolo dei volontari. Questo come impegna le realtà impegnate quotidianamente al servizio dei più fragili?
Il 5 dicembre si è celebrata la Giornata internazionale del volontariato indetta dall’Onu. Noi avevamo chiesto alle autorità istituzionali, al mondo dello spettacolo, della cultura, del volontariato di fare un videoringraziamento per i volontari. L’Arcivescovo ha subito dato la sua disponibilità, ma poi per un problema di agenda non siamo riusciti a realizzare questo video. Però sappiamo che lui ci teneva molto. Quindi avere ringraziato nel Discorso più importante alla città è un valore aggiunto. Dall’altra parte però questo impegna il mondo del volontariato, perché non dobbiamo rallentare. Durante la pandemia ci sono state difficoltà oggettive: penso al ricambio generazionale, all’inserimento dell’informatizzazione della rete dei servizi e all’uso di strumenti digitali che adesso sono fondamentali. Queste novità molto delicate il volontariato le ha affrontate con serietà, con capacità di innovazione e soprattutto con molta flessibilità. Ha saputo dare risposte, in termini di tempo, anticipando anche le erogazioni e gli interventi pubblici.
Il welfare, sottolinea l’Arcivescovo, non è una questione che riguarda solo qualcuno, ma interpella tutti. Qual è la sua valutazione?
Bisogna garantire i diritti e quindi le prestazioni. Questo è prioritariamente un compito dello Stato e quindi anche dell’ente locale. Però fortunatamente in Italia abbiamo un principio di sussidiarietà dove si agevola anche l’attività del volontariato, che spesso arriva prima dell’ente pubblico perché sa leggere i bisogni del territorio e sa dare risposte in modo molto flessibile e adatto alle persone. La rigidità nel sistema dei servizi fa sì che alcune volte molti non riescono ad accedervi per procedure molto complicate. Quindi tanti rimangono ai margini, fuori dalla possibilità di avere questi servizi, che invece devono essere garantiti trovando il giusto equilibrio. Non può essere dato per carità ciò che spetta per diritto.
Nel Discorso l’arcivescovo sottolinea che «anche chi è fragile ha risorse da offrire e doni da condividere»…
È la dinamica del volontariato, il tema della promozione umana. Penso alle persone senza dimora: a Milano ce ne sono tantissime che dormono ancora all’aperto in un periodo così freddo. È chiaro che bisogna garantire l’accoglienza, però non possiamo limitarci a mantenere le persone in stato di bisogno, occorre promuoverle, farle evolvere, altrimenti creeremo poveri cronici. Questo non è sviluppo o modernità, ma è una modalità di fare assistenzialismo che deve essere superata.
Com’è il vostro rapporto con le istituzioni, con gli enti locali?
Il rapporto con le istituzioni è stato molto proficuo nel periodo della pandemia a Milano e nella Città metropolitana, perché si sono attivate tante reti. L’ente locale si trovava in grandi difficoltà e ha valorizzato la presenza del volontariato sui territori. Questa esperienza è stata assolutamente positiva per entrambe le parti: ho parlato con operatori sociali degli enti locali molto soddisfatti di questo lavoro. Adesso però il decisore politico non deve lasciare che questa esperienza sia legata all’emergenza, ma deve diventare un rapporto consolidato. Ci sono due sentenze della Corte costituzionale rispetto al tema della progettazione e della coprogrammazione dei servizi. L’ente locale non deve presentare la rete dei servizi come un documento chiuso e già deciso, ma deve coinvolgere il Terzo settore e il volontariato nella individuazione della strategia di risposte al bisogno, non in una fase di presa d’atto. Altrimenti la pandemia non ha insegnato nulla.