Il laicato milanese mobilitato per l'evento in programma il 5 novembre nella capitale. Le dichiarazioni di Del Zanna (Sant’Egidio), Villa (Acli) e Borsa (Azione Cattolica)

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Foto Europe for Peace

di Claudio URBANO

Proverrà numerosa anche dal mondo cattolico milanese la partecipazione alla manifestazione organizzata sabato 5 novembre a Roma dalla rete Europe for peace, per chiedere il cessate il fuoco subito e il negoziato in Ucraina, ma anche la messa al bando delle armi nucleari, per esprimere solidarietà al popolo ucraino e alle vittime di tutte le guerre.

Del Zanna: «Mediare non è tradire»

Giorgio Del Zanna

Giorgio Del Zanna

«Di fronte al rischio che questa guerra non finisca sentiamo che è il momento di aprire un negoziato, ascoltando il grido di coloro che stanno soffrendo», è l’appello di Giorgio Del Zanna, responsabile milanese della Comunità di Sant’Egidio. Del Zanna definisce incoraggiante l’apertura della Russia a un tavolo di negoziato con la mediazione vaticana, «apertura nella quale – spiega – mi sembra si possa vedere anche il frutto dell’incontro internazionale per la pace organizzato a Roma in questi giorni. Perché sostenere l’Ucraina non vuol dire non cercare il negoziato. Bisogna anzi rompere un certo clima bellicista, per cui sembra che mediare sia tradire la causa degli ucraini: certe retoriche che sono anche figlie della rassegnazione a non intravedere delle vie di pace, che invece vanno immaginate e costruite».

Villa: «L’Europa metta in gioco la sua storia»

andrea villa

Andrea Villa

Ribadisce la necessità di costruire una pace giusta anche Andrea Villa, presidente delle Acli milanesi: «Naturalmente di fronte all’invasione russa serviva offrire solidarietà e sostegno al popolo ucraino. Ma lo strumento della guerra non porta probabilmente mai a una pace giusta; porta a una pace del vincitore, che produce una generazione di odi, che crea dei solchi tra le popolazioni». Costruire una pace giusta, spiega Villa, significa «provare a far vivere quel sistema di diritto internazionale che è stato costruito negli anni». A partire da tre presupposti: «Sapere che non è più accettabile acquisizione territori con l’uso della forza; tutelare le minoranze etniche e linguistiche in ogni Paese; applicare il principio di autodeterminazione dei popoli, che anche in Europa a volte ha portato alla creazione di nuovi Stati, altre a maggiori autonomie regionali». Il popolo della pace che scenderà in piazza a Roma, portando – rimarca Villa – quella sensibilità «che ha sempre contraddistinto il popolo italiano» nel «guardare oltre il proprio confine», significa chiedere che l’Europa assuma «un ruolo internazionale mettendo in gioco l’esempio della sua storia: quella di Stati-nazione che hanno saputo stabilire delle regole e guardare oltre, verso il sogno europeo. In un percorso che sarà lungo si può quindi bandire la guerra, perché ci sono gli strumenti per garantire una coesistenza serena tra i popoli».

Borsa: «Ognuno deve fare di più»

Gianni Borsa

Anche l’Azione Cattolica Ambrosiana sarà in piazza per dire che si può arrivare alla pace. Richiamando quanto ha espresso anche il Consiglio nazionale dell’Azione Cattolica, il presidente dell’Ac ambrosiana Gianni Borsa afferma che «l’inaccettabile aggressione russa contro il popolo ucraino ha evidenziato la necessità di aumentare l’impegno e il lavoro in ogni direzione: nella preghiera, nella formazione, nel creare reti con la società civile, nell’accoglienza dei profughi, nella solidarietà con il martoriato popolo ucraino». Iniziative per parlare di pace si sono moltiplicate anche in diocesi, sottolinea Borsa, «trascinati soprattutto dai ragazzi dell’Acr». A partire dalla preghiera per la pace che l’Ac promuoverà in Avvento ogni lunedì mattina. Perché, ammonisce Borsa, «occorre non abituarsi alla guerra e dunque invocare sempre la pace, che si costruisce con la giustizia, la verità, la libertà, e che è quindi un prodotto del nostro essere». L’adesione alla manifestazione di Europe for peace significa quindi «richiamare la politica all’urgenza della diplomazia di fronte alle armi», afferma Borsa. Ricordando che «nella formazione, nella quotidiana costruzione di relazioni, nel non cedere ai vocabolari di guerra, nell’informarci anche sulle guerre dimenticate, ognuno di noi deve fare di più per costruire la pace».

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