Il suo primario valore ecclesiale è quello di rinsaldare i vincoli della carità e della comunione fraterna. Per questo il cammino processionale va compiuto concentrando l'attenzione su ciò che sta per compiersi
a cura del SERVIZIO PER LA PASTORALE LITURGICA
«Prendete e mangiate, questo è il mio corpo… – Prendete e bevete questo è il mio sangue…». La Messa culmina nella refezione sacramentale, cui sono invitati tutti coloro che vi partecipano con l’animo riconciliato con Dio e con i fratelli. Divenuta del tutto eccezionale nel corso dei secoli la comunione al calice, la tradizione liturgica occidentale si è concentrata sulla comunione al solo pane eucaristico. La riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II ha riammesso i laici alla comunione al calice, ma la comunione al solo pane eucaristico è rimasta ancora oggi la forma maggiormente praticata. Concentrando dunque l’attenzione sulla comunione al solo pane eucaristico, tratteremo in sequenza del cammino processionale verso l’altare (scheda 1), della comunione data sulla mano (scheda 2) o direttamente in bocca (scheda 3).
Il sacerdote mostra ai fedeli i segni sacramentali del pane e del vino con la beatitudine del libro dell’Apocalisse («Beati gli invitati…»: Ap 19, 9) e con le parole del Battista («Ecco l’agnello di Dio…»: Gv 1, 29), e il popolo risponde con le parole del centurione di Cafarnao («O Signore, non sono degno…»: Mt 8, 8). Davanti al mistero eucaristico la Chiesa non usa parole sue, ma ripete in chiave eucaristica alcune grandi parole della Scrittura.
A questo punto, mentre il sacerdote comunica ai santi doni, coloro che hanno deciso di accostarsi alla comunione lasciano il loro posto e si mettono in fila per incamminarsi verso l’altare o verso il luogo dove riceveranno la Comunione. Il rito prevede che il fedele non riceva l’Eucaristia al posto in cui si trova, ma egli è chiamato a lasciare il suo posto e camminare verso l’altare. Questo gesto, funzionale per raggiungere in modo ordinato il luogo della distribuzione eucaristica, racchiude in sé anche una pluralità di significati spirituali che meritano di essere portati alla luce.
Il camminare verso, che attiva le nostre facoltà esteriori e interiori, dà modo di riscoprire che l’Eucaristia è «il pane per l’uomo in cammino…, il viatico, il pane per il viaggio, come la manna per il popolo di Israele, come il pane per il profeta Elia» (cf Boselli). Il viaggio coincide con l’intera esistenza umana, con i suoi slanci e le sue stanchezze, con le sue grandezze e le sue miserie, con i suoi successi e le sue sconfitte, è sempre proteso a una meta: il Regno di Dio e la sua giustizia, la stabile incorporazione a Cristo nel vincolo della carità fraterna, la felicità senza fine nella comunione trinitaria.
Il camminare insieme mette poi in evidenza che «questo cammino il credente non lo compie da solo ma con i fratelli e le sorelle nella fede… Tutti vanno insieme verso l’altare, ognuno per quello che è… mossi tutti dalla stessa fame» (cf Boselli). La processione di comunione è dunque l’immagine di un popolo che, rispondendo all’invito di Gesù, si mette in cammino per incontrarlo e, nella comunione con lui, ritrova le ragioni dell’amore che vince ogni divisione. Questa sottolineatura è molto importante perché ci permette di superare una visione troppo individualistica della comunione aprendoci al suo primario valore ecclesiale: l’eucaristia ci fa uno in Cristo, rinsaldando fra noi i vincoli della carità e della comunione fraterna.
Per esprimere al meglio la forza di questo cammino processionale verso la sorgente della vita e della carità che è l’eucaristia è importante ricordare che chi si avvia a ricevere il corpo di Cristo deve fare in modo di evitare ogni distrazione di sé e degli altri, concentrando la propria attenzione su ciò che sta per compiere. Questo significa mantenere lungo il percorso un clima raccolto, sia con la partecipazione al canto dell’assemblea, sia pregando nel proprio cuore.