In città molte case sfitte mentre diverse famiglie in cerca di alloggi si rivolgono a parrocchie e Caritas. Il Consiglio pastorale: ogni persona ha diritto di avere una sistemazione per sé e per la propria famiglia
Contribuire a far crescere i legami di comunità: questo lo spirito che anima l’appello del Consiglio pastorale della Cp Sant’Eufemia di Erba per far fronte all’emergenza abitativa in città, lanciato all’inizio della Quaresima e rivolto «a chiunque avesse un appartamento libero o ne fosse a conoscenza, affinché si renda disponibile a considerare la possibilità di metterlo a disposizione di chi cerca una soluzione abitativa».
L’appello fa seguito alla lettera diffusa all’inizio dell’anno dal responsabile della Cp monsignor Angelo Pirovano, nella quale si segnalava l’alto numero di case sfitte e, di contro, la “migrazione” di diversi nuclei familiari in altre località, alla ricerca di condizioni abitative più favorevoli. Il tema è definito «urgente», viene preso in considerazione «dal punto di vista del diritto di ogni persona di disporre di un luogo in cui sentirsi a casa, al sicuro, di avere una sistemazione per sé e per la propria famiglia» e guarda alla casa come una «opportunità di vita ricevuta e messa a disposizione e non solo come bene o come oggetto di investimento, seppur prezioso».
Il documento richiama l’analisi contenuta nel VII Rapporto sulla povertà della Diocesi di Milano della Caritas Ambrosiana (2009), dedicato appunto all’emergenza abitativa e comprendente alcuni interventi sul tema dell’allora Arcivescovo, cardinale Dionigi Tettamanzi. Lo stesso aggettivo utilizzato dal Cardinale per definire allora la questione – «dirompente» – viene oggi ribadito nell’appello: «Da un lato molti alloggi rimangono vuoti, per diverse ragioni – tra cui anche il saldo negativo tra nascite e morti -, e molte case restano sfitte per anni; dall’altro molte famiglie si rivolgono alle parrocchie e ai servizi della Caritas alla ricerca di un alloggio dove vivere con la propria famiglia, anche per un tempo limitato, il tempo necessario per costruire una più solida autonomia lavorativa ed economica, a volte dopo un periodo di fatica dovuto alla perdita del lavoro o a un trasferimento».
Una situazione giudicata «paradossale», dato che «i proprietari chiedono il massimo delle garanzie e pongono condizioni sempre più rigide, seppur comprensibili» e, per altro verso, «chi cerca casa vive una precarietà legata all’attuale mondo del lavoro, che non offre immediate e assolute garanzie, ma opportunità graduali e progressive». Per le famiglie conosciute e prese in carico – italiane e straniere, in grado di pagare un affitto, ma che da mesi «non riescono a trovare la disponibilità di una casa» – la Caritas è pronta «ad accompagnare l’incontro», affiancandole «nella costruzione della loro autonomia abitativa» per «favorire la crescita di una progressiva fiducia, nei modi e nei tempi che si potranno stabilire».