Redazione
Il principio di bigenitorialità è diventato legge il 24 gennaio scorso. Il Senato, infatti, ha approvato definitivamente le disposizioni sull’affidamento condiviso, ovvero il diritto dei bambini ad avere accanto nella crescita entrambi i genitori, nonostante questi siano affettivamente separati. E’ stata una scelta coraggiosa che ha trovato in Parlamento consensi trasversali. Ce ne parla la senatrice Emanuela Baio Dossi, relatrice della legge.
di Emanuela Baio Dossi
Molto spesso i figli vivono la separazione dei genitori come un trauma, che li accompagnerà per il resto della loro vita , e non di rado, sono proprio loro, i minori, ad essere la merce di scambio nelle battaglie legali, l’arma di ricatto per compensare il fallimento di un rapporto. Il genitore è tale per tutta la vita, anche se, purtroppo, si rompe il rapporto d’amore che l’aveva portato a procreare quel figlio. Divorziati, risposati, non importa, si resterà sempre e comunque madre e padre, per garantire ai figli la serenità di cui hanno bisogno per crescere.
Le nuove norme ci serviranno per scrivere una pagina diversa nella storia del diritto, che assume un volto più civile e più umano, perché lo scopo principe della legge è la tutela dei ragazzi coinvolti nel processo di disgregazione della famiglia, che si trasformerà in un evento meno triste e traumatico. Per scrivere le norme ci siamo messi dal punto di vista dei figli e ne abbiamo tutelato gli interessi più profondi.
E’ questa la novità più importante della legge: la prioritaria scelta del giudice è di assegnare la crescita, lo sviluppo, il sostegno morale ed economico a entrambi i genitori. Solo in casi eccezionali potrà affidare il piccolo ad uno dei due, ma dovrà farlo con provvedimento motivato. Una legge destinata a farci fare un salto culturale, basata su un testo suscettibile di modifiche tecniche, ma che costituisce una pietra miliare del nuovo diritto di famiglia.
Il “padre-bancomat” ci auguriamo , anche grazie a questa legge, diventi solo un ricordo triste del passato, così come la madre che si arrabbia perché non riceve il sostegno economico. Certo, non è semplice, perché i genitori non vivono più insieme, anzi spesso alimentano una situazione di acceso conflitto, ma dovere del legislatore in questo caso non era di occuparsi della relazione tra due persone adulte, che purtroppo è venuta meno, ma di dare voce all’unico soggetto che, spesso, ne ha pagato le conseguenze.
L’assegnazione della casa familiare tiene conto dell’interesse della prole. Il diritto al godimento dell’abitazione viene meno se l’assegnatario non vi risiede o cessa di farlo, conviva more uxorio o si risposi, ma il giudice deciderà sempre e solo tenendo conto dell’interesse del minore. I figli vengono mantenuti dai genitori, ma resta l’assegno, per il quale si valutano le esigenze del figlio, le risorse economiche e il tenore di vita della famiglia prima della separazione, i tempi di permanenza da ciascun genitore e, fatto nuovo, il figlio maggiorenne sarà titolare dell’assegno di mantenimento. Se uno dei due genitori non rispetta l’obbligo di mantenimento il giudice fa scattare delle sanzioni, graduali, che vanno dall’ammonimento alla multa e in casi gravi anche in una pena fino alla reclusione. Obiettivo non è quello di punire, ma di far capite il dovere diritto ad entrambi i genitori di far crescere il proprio figlio; una sorte di deterrente che speriamo porti i diretti interessati a non dover far mai applicare la pena, e a cambiare le tristi statistiche, che la prassi fino ad oggi ci ha confermato.
In Italia, a differenza degli altri Stati europei, la separazione è spesso il primo e ultimo passo della volontà di porre fine ad un matrimonio. Questo è un dato sintomatico. I figli, specie i minori, hanno bisogno di certezze, di punti di riferimento stabili. Per assumere quell’equilibrio essenziale nell’età adulta, e’ fondamentale che nella vita quotidiana dei ragazzi ci sia la sicurezza della presenza materna, ma anche la stabilità e la vicinanza di quella paterna; la nostra è una società che rischia di essere senza padri. Questa legge, come detto, pensa alla persona figlio e, quindi, è dalla parte sia della madre che del padre, ma evidenzia delle sanzioni nel caso in cui l’atteggiamento di uno dei due o di entrambi sia cagionevole alla vita di relazione del figlio, sia per aspetti morali, sia per aspetti economici. La madre o il padre, che per anni hanno dovuto dare un supporto materiale e morale, senza poter contare sull’altro genitore, oppure che hanno visto negare la propria maternità o paternità a causa dell’altro/a, con questa legge potranno far valere i propri diritti di genitore.
Non ci si aspetta che da oggi vengano meno i conflitti tra ex coniugi e che d’incanto il bambino viva una situazione di serenità, ma l’esperienza europea a riguardo ci fa ben sperare. Non si tratta , purtroppo, di chiedere ai genitori di ristabilire una relazione affettiva, ma di individuare il bene possibile per i bambini, i cittadini di domani. Questa legge, pur imperfetta tecnicamente, è sempre meglio della realtà, triste, fino ad oggi consolidata. E se è vero che un genitore non può essere sostituito, ancor più vero è che l’amore di un figlio è un valore prezioso, un bene che deve essere tutelato.