Redazione

E’ consuetudine che il discorso dell’Arcivescovo di Milano alla Città alla vigilia di S. Ambrogio venga interpretato leggendolo in controluce, in particolare dai media, alla ricerca delle intenzioni nascoste. In genere quelle che rispondono alle proprie sensibilità. Il risultato è quello del rischio di una lettura parziale o, se vogliamo, in qualche modo “mediata” dai propri obiettivi. Operazione in sé legittima che tuttavia non può non rimandare le persone più attente a una lettura integrale, quindi più libera, del discorso. È quanto anzitutto vorremmo invitare a fare con l’accortezza di non domandarsi “con chi se la prende il Cardinale” bensì “che cosa il Cardinale dice a me”.

Nel discorso di quest’anno l’Arcivescovo non si è rivolto semplicemente alle istituzioni e agli uomini della politica bensì a tutti i cittadini. Osiamo dire che l’intervento più che essere “alto” è “profondo” nel senso che riconduce all’essenziale della cittadinanza in un contesto temporale dove la trasformazione della città è evidente e si accompagna, assieme alle molte opportunità, a inedite situazioni problematiche che causano incertezza e paura. La tentazione è che ognuno “si ritiri sul proprio” cercando vie di protezione come può.

L’essenziale di cittadinanza evidenziato nel discorso è da un lato “il dono di sé”, dall’altro la disponibilità al “fraterno colloquio tra gli uomini”. La cifra riassuntiva è quella della tensione a una “città comunità viva”.

Il dono di sé e il fraterno colloquio tra gli uomini sono premesse essenziali per la crescita della città. Si tratta di domandarsi che cosa siamo noi per la città, non semplicemente che cosa la città è per me ; si tratta di domandarsi se gli altri sono compagni di viaggio o soggetti dai quali guardarsi e difendersi. In questo senso la città appartiene a chi è responsabile. L’Arcivescovo invita ciascuno a fare la sua parte. Tutti siamo interpellati nella quotidianità del nostro essere cittadini e nella città dobbiamo riprendere fiducia per “ritessere relazioni vere”.

Va rimarcato che il discorso del Cardinale affonda le sue radici nel prezioso patrimonio del Concilio Vaticano II a 40 anni dalla sua conclusione, in particolare nella Costituzione Gaudium et Spes e nel Messaggio ai governanti. La assunzione dello spirito del Concilio evidenzia che la “bussola” è decisamente orientata dalla fede in Gesù , Figlio di Dio incarnato, che illumina le nostre città e chiama ciascuno a costruire una vera comunità di persone, un’autentica “Città dell’uomo per l’uomo”.

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