Soffiava un vento forte, venerdì 8 aprile 2005, su Piazza San Pietro, mentre la Chiesa offriva a Dio la vita e la missione di Papa Wojtyla. Quel vento non ha mai cessato di soffiare sulla Chiesa di Dio, spingendola a rimeditare sempre la missione di quel grande Pontefice
di Vincenzo RINI
Soffiava un vento forte, venerdì 8 aprile 2005, su Piazza San Pietro, mentre la Chiesa offriva a Dio la vita e la missione di Giovanni Paolo II, la cui anima era salita al cielo la sera di sabato 2 aprile, mentre nel mondo milioni di persone pregavano per lui. Un vento forte che scompigliava le casule rosse dei cardinali e, allo stesso tempo, sfogliava vorticosamente le pagine dell’evangeliario posto sulla bara del defunto, giungendo alla fine a chiudere quel libro, simbolo della sua lunga vita sapiente.
Ma quel vento non ha mai cessato di soffiare sulla Chiesa di Dio, portandone avanti la storia nel susseguirsi dei pontificati e degli eventi. Aveva chiuso il libro della vita di Karol Wojtyla, quel vento, ma allo stesso tempo, ha continuato a soffiare sulla Chiesa spingendola a rimeditare sempre la missione di quel grande Pontefice, il suo insegnamento, la sua testimonianza. È stato quel vento a fare sì che il ricordo non svanisse, che sulla sua tomba i pellegrinaggi non cessassero, che l’intercessione di Giovanni Paolo dal cielo ottenesse il primo miracolo, necessario per giungere, il 1° maggio 2011, alla beatificazione. E anche dopo quel giorno, quel vento mantiene intatta la sua forza, anzi la rafforza, perché la Chiesa sente l’urgenza di trovare nel ricordo del Papa polacco lo stimolo al suo rinnovamento. Ora, a due anni dalla beatificazione, ecco il secondo miracolo che fa prevedere presto la canonizzazione di papa Wojtyla.
La vicenda di Giovanni Paolo II è tutta da leggere alla luce di quel vento, che lo ha portato dalla nativa Polonia al soglio di Pietro, primo Papa non italiano dopo oltre quattro secoli, per scompigliare la tranquilla operosità di una Chiesa bisognosa di una pastorale impetuosa e sconvolgente. Quel vento che lo ha spinto, quasi a volo d’uccello, su tutti i lidi del mondo, senza sosta, ad annunciare che Cristo è risorto e che Lui, Lui solo, è la guida sicura e veritiera della storia.
Lo stesso vento che, all’inizio della creazione “aleggiava sulle acque” (Gen 1,2) del nulla riempiendo quel nulla di vita e di grazia. Quel “vento che si abbatte impetuoso” sugli apostoli nel giorno della Pentecoste, creando quel terribile “fragore” unito alle “lingue come di fuoco”, dando agli apostoli il potere di “parlare in altre lingue” (Atti 2,1-2). Giovanni Paolo II è stato frutto di quel vento: anzi, lui stesso vento impetuoso, fuoco sulla Chiesa e sul mondo, molteplicità di lingue comunicanti con gli uomini di tutta la terra.
A distanza di otto anni dall’addio a questa terra quel vento che gli ha dato vita, lo Spirito Santo, e, anche, quel vento impetuoso che è stato lui stesso, continua a soffiare sulla Chiesa e sul mondo. Con le parole della storica canzone di Pierangelo Bertoli, possiamo oggi cantare: “Eppure il vento soffia ancora / sprizza l’acqua alle navi sulla prora / e sussurra canzoni tra le foglie / e bacia i fiori / li bacia e non li coglie”. Sì davvero. Il vento dello Spirito Santo, e con esso il vento che è stato Giovanni Paolo II, continua a soffiare, a spingere la nave della Chiesa, musicando la vita del mondo, facendola fiorire senza mai distruggere nulla di ciò che di bene e di bello è nel mondo.
Con la forza di questo vento la Chiesa continua a stare forte in ogni tempesta, senza timore dei forti venti contrari. Lo certifica Gesù stesso: “Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia” (Mt 7,24).