Presto si insedia la nuova Consulta diocesana per la Chiesa dalle genti che lavorerà in sinergia con i decanati. Intervista alla moderatrice suor Luisella Musazzi
Luisa
Bove
Nasce la Consulta diocesana per la Chiesa dalle genti, come previsto dal Sinodo minore che si è chiuso il 3 novembre scorso.
«La riflessione si è già avviata in quella sede – spiega la moderatrice suor Luisella Musazzi -, ora bisogna incarnarla nella vita della Diocesi per far scaturire quelle risorse già presenti sul territorio. Si tratta di metterle in evidenza, darle forma e visibilità».
Come lavorerete?
Sarà un lavoro di sinergia, da svolgere in rete a diversi livelli, a partire dai decanati che dovrebbero essere i protagonisti. Si tratta di canalizzare le riflessioni, sensibilizzare la Chiesa ambrosiana a riconoscersi Chiesa dalle genti, far sorgere le relazioni positive per alimentare e mettere in luce il cammino della Diocesi che, seppure ricca di risorse, più riceverne di nuove da chi viene da altri continenti.
La Consulta dovrà pensare anche a «processi che durino nel tempo». Di che tipo?
La Commissione non si è ancora riunita, ma partiremo dalle idee contenute nel documento finale del Sinodo. Più che trovare soluzioni, assumere decisioni a tavolino o negli stessi decanati, l’intento è di avviare processi di consapevolezza che facciano crescere tutte le potenzialità della Diocesi dal punto di vista dell’integrazione delle diversità. Penso alle risorse di altre formazioni ecclesiali, persone che vengono da altri continenti che possano dare il loro contributo alla nostra Chiesa che, pur ricca di tradizione, ha sempre la possibilità di arricchirsi, condividere e anche ricevere. Soprattutto aprirsi alla dimensione dell’accoglienza, riconoscendosi bisognosa anche degli altri, di altre teologie, fedi, modi di vivere la carità, fare catechesi. Penso anche alle risorse giovani, molto più numerose tra le persone che arrivano da altri Paesi.
Ci sarà il coinvolgimento di preti, diaconi, operatori pastorali, ma anche associazioni, movimenti, cappellanie…
È un processo che attinge da un cammino già in corso, dovremo inventare forse metodologie nuove o potenziarne altre, scoprire i decanati dove è nato un percorso di coinvolgimento e dove è più faticoso, cercare di sostenerlo, appoggiarlo, incoraggiarlo.
Oltre alle diverse forme di carità e di annuncio, è previsto che anche la scuola, sport e tempo libero, cultura e politica… diventino luoghi di confronto, di dialogo e presenza attiva.
Certo. Tutto l’orizzonte della vita umana e della vita di fede dovrebbe essere coinvolto. Come Commissione ci dovremo immergere nel documento finale per studiarlo, appropriarcene, fissando una metodologia di lavoro, dovremo conoscere i decanati e farci conoscere, anche dalle cappellanie e dalle varie realtà. Poi ci vuole una certa dose di coraggio, bisogna osare e credere che questa sia un’opportunità offerta dalla Diocesi, affidandoci a ciò che Dio fa crescere al di là di noi.
Potrà aprirsi una nuova stagione…
Mettere in luce queste dimensioni o presenze che diamo per scontate può far nascere un nuovo tempo, una nuova profezia, che viene dalle periferie intese in senso lato, da quelle aree un po’ in ombra della Diocesi. La diversità è sempre uno stimolo per verificarci, ma anche per aprirci, accoglierci, senza nulla togliere al cammino della nostra Chiesa ambrosiana. Andiamo verso una nuova Pentecoste: lo Spirito soffia e scombina, ma illumina anche nuove vie, nuove strade, nuovi modi di vivere la comunione fra di noi.